Massimo Guastini, in veste ufficiale di Presidente, ha risposto loro nel blog dell’Adci con il post “Ma Vella e Longoni sanno di cosa parlano?” in cui ha contestato le accuse informandoli su cosa il Club ha fatto in quest’ultimo anno.
Non voglio entrare nello specifico di ciò che ha fatto l’ultimo consiglio dell’Adci, di cui anch’io faccio parte, mi interessa piuttosto riflettere su un atteggiamento che oggi è molto diffuso nel nostro ambiente.
Vella e Longoni se la prendono con l’Adci con la stessa lucidità di un misogino che se la prende con la Figa: in maniera astratta. C’è una banale generalizzazione del Club, come se alla base dell’astio ci fosse una frustrazione individuale. La loro intervista ricorda gli sfoghi inutili di quelli che affermano che “le donne sono tutte zoccole” o che “gli uomini sono tutti stronzi” perché hanno vissuto qualche esperienza negativa personale.
Il bug concettuale di Vella e Longoni è che non considerano che ogni associazione rispecchia fedelmente gli associati che la compongono e, siccome l’Adci è la più importante associazione di creativi italiani, il Club rappresenta sia i pregi sia i difetti della categoria dei creativi in generale. Di conseguenza sentirsi distanti dall’Adci significa allo stesso modo sentirsi distanti dai creativi pubblicitari italiani in generale.
Ultimamente mi capita di incontrare amici e creativi che stimo e chiedo loro: “perché adesso non rientri nel Club?”. La risposta è sempre la stessa: “non prenderla come una cosa personale ma non me ne frega un cazzo dell’Adci, perché pensa solo ai premi…”
La mia reazione li sorprende sempre: mi incazzo.
Ho questo brutto difetto che invecchiando sta peggiorando: mi incazzo quando sento dire delle stupidaggini. E mi incazzo ancora di più se le stupidaggini vengono dette da persone intelligenti.
Perché come posso non prendere la cosa sul personale dal momento in cui sto dedicando tanto tempo libero, gratuitamente, a un’associazione al solo scopo di migliorare la condizione di tutti? E come si può pensare che l’Adci sia ancora focalizzato sulla questione dei premi quando io e Massimo, attuale presidente del Club, diciamo da anni in qualsiasi angolo della blogosfera che i temi rilevanti sono altri?
Mi incazzo anche per un altro motivo.
Oggi molti di quelli che dicono di snobbare l’Adci sono anche quelli che hanno fatto carriera grazie ai premi dell’Adci. Quelli che hanno sfruttato il Club per questioni strettamente personali (come vedete, alla fine, il vero tema è questo: noi creativi, forse addirittura noi italiani, confondiamo sempre ciò che è il bene comune con l’interesse personale).
Vella e Longoni nella loro intervista affermano tra le altre cose di aver preso l’agenzia in una situazione di “macerie fumanti”. Bene, l’Adci un anno fa era nelle stesse identiche condizioni. Molti dimenticano che Massimo Guastini è diventato Presidente perché nessun altro ha avuto il coraggio di farsi avanti. Perché nomi più noti del suo non hanno avuto gli attributi e la voglia di rimettersi a ricostruire dalle “macerie fumanti” del Club.
Non so se questo consiglio dell’Adci stia facendo bene o male. Non so cosa succederà nei prossimi due anni di mandato. Quello che so con certezza è che l’energia e la trasparenza che stiamo investendo nel Club è tanta. Non pretendo che venga riconosciuta, ma non mi va neppure di accettare le critiche di ha svuotato l’immagine del Club portandosi via pure l’argenteria. E nemmeno quelle degli ignavi che sono rimasti a guardare.
Nella sua Intervista, Monica Lazzarotto di YouMark chiede a Vella e Longoni se c’è un’età ideale per un creativo. Ovvero se dopo i trent’anni ha ancora senso fare questa professione.
Ecco il mio punto di vista: l’età conta poco, contano di più altre qualità. Finché uno sarà curioso, avrà entusiasmo e passione, ebbene sarà sempre un creativo. Finché avrà voglia di innovare, dialogare e mettersi in competizione con gli altri, potrà continuare a fare questo mestiere.
E finalmente sono d’accordo con Massimo su una cosa che scrive sul blog dell’Adci: “di brontoloni in panchina non ne abbiamo davvero bisogno”. Specie in un periodo come questo.
Di conseguenza chi ha perso l’entusiasmo, chi è in depressione, chi ha consumato la passione, ha tutta la mia comprensione e solidarietà, ma è pregato di farsi da parte e lasciare spazio ad altri. Perché oggi chi si arrende fa male a un ambiente che ha urgente bisogno di reagire.
I creativi sono coloro che hanno la capacità innata di trovare soluzioni a problemi, anche quelli talmente complessi da sembrare irrisolvibili. I creativi migliori, poi, sono quelli che arrivano alle soluzioni più originali e innovative. Gli altri, invece, e cioè coloro che si limitano a lamentarsi, che si autocommiserano o che si arroccano in comode posizioni di retroguardia, non sono creativi. O, almeno, non lo sono più.
In questi giorni si è parlato dell’intervista che Roberto Vella e Stefano Longoni, direttori creativi di Red Cell, hanno rilasciato a YouMark e in cui accusano l’Adci di molte mancanze, specie di occuparsi solo di premi ignorando i temi più rilevanti del periodo .
Massimo Guastini, in veste ufficiale di Presidente, ha risposto loro nel blog dell’Adci con il post “Ma Vella e Longoni sanno di cosa parlano?” in cui ha contestato le accuse informandoli su cosa il Club ha fatto in quest’ultimo anno.
Non voglio entrare nello specifico di ciò che ha fatto l’ultimo consiglio dell’Adci, di cui anch’io faccio parte, mi interessa piuttosto riflettere su un atteggiamento che oggi è molto diffuso nel nostro ambiente.
Vella e Longoni se la prendono con l’Adci con la stessa lucidità di un misogino che se la prende con la Figa: in maniera astratta. C’è una banale generalizzazione del Club, come se alla base dell’astio ci fosse una frustrazione individuale. La loro intervista ricorda gli sfoghi inutili di quelli che affermano che “le donne sono tutte zoccole” o che “gli uomini sono tutti stronzi” perché hanno vissuto qualche esperienza negativa personale.
Il bug concettuale di Vella e Longoni è che non considerano che ogni associazione rispecchia fedelmente gli associati che la compongono e, siccome l’Adci è la più importante associazione di creativi italiani, il Club rappresenta sia i pregi sia i difetti della categoria dei creativi in generale. Di conseguenza sentirsi distanti dall’Adci significa allo stesso modo sentirsi distanti dai creativi pubblicitari italiani in generale.
Ultimamente mi capita di incontrare amici e creativi che stimo e chiedo loro: “perché adesso non rientri nel Club?”. La risposta è sempre la stessa: “non prenderla come una cosa personale ma non me ne frega un cazzo dell’Adci, perché pensa solo ai premi…”
La mia reazione li sorprende sempre: mi incazzo.
Ho questo brutto difetto che invecchiando sta peggiorando: mi incazzo quando sento dire delle stupidaggini. E mi incazzo ancora di più se le stupidaggini vengono dette da persone intelligenti.
Perché come posso non prendere la cosa sul personale dal momento in cui sto dedicando tanto tempo libero, gratuitamente, a un’associazione al solo scopo di migliorare la condizione di tutti? E come si può pensare che l’Adci sia ancora focalizzato sulla questione dei premi quando io e Massimo, attuale presidente del Club, diciamo da anni in qualsiasi angolo della blogosfera che i temi rilevanti sono altri?
Mi incazzo anche per un altro motivo.
Oggi molti di quelli che dicono di snobbare l’Adci sono anche quelli che hanno fatto carriera grazie ai premi dell’Adci. Quelli che hanno sfruttato il Club per questioni strettamente personali (come vedete, alla fine, il vero tema è questo: noi creativi, forse addirittura noi italiani, confondiamo sempre ciò che è il bene comune con l’interesse personale).
Vella e Longoni nella loro intervista affermano tra le altre cose di aver preso l’agenzia in una situazione di “macerie fumanti”. Bene, l’Adci un anno fa era nelle stesse identiche condizioni. Molti dimenticano che Massimo Guastini è diventato Presidente perché nessun altro ha avuto il coraggio di farsi avanti. Perché nomi più noti del suo non hanno avuto gli attributi e la voglia di rimettersi a ricostruire dalle “macerie fumanti” del Club.
Non so se questo consiglio dell’Adci stia facendo bene o male. Non so cosa succederà nei prossimi due anni di mandato. Quello che so con certezza è che l’energia e la trasparenza che stiamo investendo nel Club è tanta. Non pretendo che venga riconosciuta, ma non mi va neppure di accettare le critiche di ha svuotato l’immagine del Club portandosi via pure l’argenteria. E nemmeno quelle degli ignavi che sono rimasti a guardare.
Nella sua Intervista, Monica Lazzarotto di YouMark chiede a Vella e Longoni se c’è un’età ideale per un creativo. Ovvero se dopo i trent’anni ha ancora senso fare questa professione.
Ecco il mio punto di vista: l’età conta poco, contano di più altre qualità. Finché uno sarà curioso, avrà entusiasmo e passione, ebbene sarà sempre un creativo. Finché avrà voglia di innovare, dialogare e mettersi in competizione con gli altri, potrà continuare a fare questo mestiere.
E finalmente sono d’accordo con Massimo su una cosa che scrive sul blog dell’Adci: “di brontoloni in panchina non ne abbiamo davvero bisogno”. Specie in un periodo come questo.
Di conseguenza chi ha perso l’entusiasmo, chi è in depressione, chi ha consumato la passione, ha tutta la mia comprensione e solidarietà, ma è pregato di farsi da parte e lasciare spazio ad altri. Perché oggi chi si arrende fa male a un ambiente che ha urgente bisogno di reagire.
I creativi sono coloro che hanno la capacità innata di trovare soluzioni a problemi, anche quelli talmente complessi da sembrare irrisolvibili. I creativi migliori, poi, sono quelli che arrivano alle soluzioni più originali e innovative. Gli altri, invece, e cioè coloro che si limitano a lamentarsi, che si autocommiserano o che si arroccano in comode posizioni di retroguardia, non sono creativi. O, almeno, non lo sono più.