La biografia di Jobs regala un altro aneddoto molto interessante: il follow up della campagna 1984. Il brand era lo stesso, l’agenzia era la stessa, le persone che decidevano erano le stesse. Solo i risultati non furono gli stessi. La responsabilità, secondo il biografo, fu della presunzione dei creativi dell’agenzia Chiat/Day che, forti del successo dell’anno precedente, si impuntarono su un’idea discutibile (Lemmings) giocandosi l’enorme credito guadagnato con 1984.
A freddo è facile vedere la differenza fra le due campagne, ma a caldo? Perdipiù se l’idea fosse stata nostra?
L’umore nero era evidente nella campagna sviluppata per il mese di gennaio del 1985, che si presupponeva avrebbe ripreso il sentimento anti-IBM della fortunata campagna 1984. Sfortunatamente, c’era una differenza fondamentale: la prima pubblicità finiva con una nota eroica, ottimistica, ma lo storyboard presentato da Lee Clow e Jay Chiat per la nuova campagna, intitolata Lemmings, mostrava manager in grisaglia che marciavano verso l’orlo di un precipizio e quindi la morte. Fin dall’inizio, sia Jobs sia Sculley non erano contenti: non sembrava che venisse veicolata un’immagine magnifica – o se non altro positiva – della Apple; più che altro, era un insulto a qualsiasi manager avesse acquistato in passato un computer IBM.
Jobs e Sculley chiesero altre idee, ma quelli dell’agenzia insistettero. “L’anno scorso non volevate mandare in onda 1984” disse uno di loro. Lee Clow, secondo Sculley, aggiunse: “Ci gioco la mia reputazione, scommetto tutto su questo annuncio”. Quando la versione filmata – girata dal fratello di Ridely Scott, Tony – fu pronta, il concetto sembrava perfino peggio: i manager ipnotizzati che saltavano dal ciglio del burrone cantavano una versione a ritmo di funerale della canzoncina dei sette nani di Biancaneve, Ehi Ho, e la cattiva regia rendeva il tutto ancor più deprimente di quanto lo storyboard lasciasse intendere. “Non riesco a credere che tu voglia insultare gli uomini d’affari di tutta l’America mandando in onda una cosa del genere” urlò Debi Coleman a Jobs quando vide il filmato. Agli incontri di marketing si alzava e rendeva pubblico il suo disappunto. “Sono arrivata a mettere sul suo tavolo una lettera di dimissioni. L’avevo scritta con il mio Mac. Pensavo che fosse un affronto ai dirigenti d’azienda. Stavamo appena cominciando a conquistarli con il desktop publishing”.
Ciuò nonostante, Jobs e Sculley si piegarono alle insistenze dell’agenzia e lo spot fu trasmesso durante il SuperBowl. I due si recarono insieme allo Stanford Stadium. Quando lo spot fu trasmesso, quasi alla fine dell’ultimo quarto di una partita noiosa, i tifosi non mostrarono alcuna reazione degna di nota. nel paese, invece, la reazione fu sostanzialmente negativa. “Era un insulto a tutte le persone che la Apple stava cercando di raggiungere” dichiarò a Fortune il presidente di una società di ricerche di mercato. Il marketing manager della Apple suggerì, in seguito, che l’azienda acquistasse una pagina pubblicitaria sul Wall Street Journal per chiedere scusa. Jay Chiat minacciò che, se la Apple lo avesse fatto, la sua agenzia avrebbe acquistato la pagina di fronte per scusarsi delle scuse.
mi piacciono queste storie della buonanotte, già ti vedo lì con Mela sulla pancia che le leggi sommessamente le storie di perfidi direttori creativi e illuminati clienti…mele avvelenate…saresti un padre magnifico…
Sarei un padre magnifico, vero, ma comincio ad avere una certa età.
Per questo ho cominciato a conservare il mio seme dentro barattolini di Yakult che tengo in frigo.
Lo faccio per l’evoluzione della specie.
Purtroppo, sempre Mela, ha imparato ad aprire il frigo…
La biografia di Jobs regala un altro aneddoto molto interessante: il follow up della campagna 1984. Il brand era lo stesso, l’agenzia era la stessa, le persone che decidevano erano le stesse. Solo i risultati non furono gli stessi. La responsabilità, secondo il biografo, fu della presunzione dei creativi dell’agenzia Chiat/Day che, forti del successo dell’anno precedente, si impuntarono su un’idea discutibile (Lemmings) giocandosi l’enorme credito guadagnato con 1984.
A freddo è facile vedere la differenza fra le due campagne, ma a caldo? Perdipiù se l’idea fosse stata nostra?
L’umore nero era evidente nella campagna sviluppata per il mese di gennaio del 1985, che si presupponeva avrebbe ripreso il sentimento anti-IBM della fortunata campagna 1984. Sfortunatamente, c’era una differenza fondamentale: la prima pubblicità finiva con una nota eroica, ottimistica, ma lo storyboard presentato da Lee Clow e Jay Chiat per la nuova campagna, intitolata Lemmings, mostrava manager in grisaglia che marciavano verso l’orlo di un precipizio e quindi la morte. Fin dall’inizio, sia Jobs sia Sculley non erano contenti: non sembrava che venisse veicolata un’immagine magnifica – o se non altro positiva – della Apple; più che altro, era un insulto a qualsiasi manager avesse acquistato in passato un computer IBM.
Jobs e Sculley chiesero altre idee, ma quelli dell’agenzia insistettero. “L’anno scorso non volevate mandare in onda 1984” disse uno di loro. Lee Clow, secondo Sculley, aggiunse: “Ci gioco la mia reputazione, scommetto tutto su questo annuncio”. Quando la versione filmata – girata dal fratello di Ridely Scott, Tony – fu pronta, il concetto sembrava perfino peggio: i manager ipnotizzati che saltavano dal ciglio del burrone cantavano una versione a ritmo di funerale della canzoncina dei sette nani di Biancaneve, Ehi Ho, e la cattiva regia rendeva il tutto ancor più deprimente di quanto lo storyboard lasciasse intendere. “Non riesco a credere che tu voglia insultare gli uomini d’affari di tutta l’America mandando in onda una cosa del genere” urlò Debi Coleman a Jobs quando vide il filmato. Agli incontri di marketing si alzava e rendeva pubblico il suo disappunto. “Sono arrivata a mettere sul suo tavolo una lettera di dimissioni. L’avevo scritta con il mio Mac. Pensavo che fosse un affronto ai dirigenti d’azienda. Stavamo appena cominciando a conquistarli con il desktop publishing”.
Ciuò nonostante, Jobs e Sculley si piegarono alle insistenze dell’agenzia e lo spot fu trasmesso durante il SuperBowl. I due si recarono insieme allo Stanford Stadium. Quando lo spot fu trasmesso, quasi alla fine dell’ultimo quarto di una partita noiosa, i tifosi non mostrarono alcuna reazione degna di nota. nel paese, invece, la reazione fu sostanzialmente negativa. “Era un insulto a tutte le persone che la Apple stava cercando di raggiungere” dichiarò a Fortune il presidente di una società di ricerche di mercato. Il marketing manager della Apple suggerì, in seguito, che l’azienda acquistasse una pagina pubblicitaria sul Wall Street Journal per chiedere scusa. Jay Chiat minacciò che, se la Apple lo avesse fatto, la sua agenzia avrebbe acquistato la pagina di fronte per scusarsi delle scuse.
(Tratto da Steve Jobs di Walter Isaacson)
Comments (2)
mi piacciono queste storie della buonanotte, già ti vedo lì con Mela sulla pancia che le leggi sommessamente le storie di perfidi direttori creativi e illuminati clienti…mele avvelenate…saresti un padre magnifico…
Sarei un padre magnifico, vero, ma comincio ad avere una certa età.
Per questo ho cominciato a conservare il mio seme dentro barattolini di Yakult che tengo in frigo.
Lo faccio per l’evoluzione della specie.
Purtroppo, sempre Mela, ha imparato ad aprire il frigo…