Enfants Terribles sta attraversando un ottimo periodo, probabilmente il migliore da quando siamo nati. Stiamo lavorando a pieno regime, sia sul fronte dell’adv sia su quello del digital non convenzionale, per brand di assoluto prestigio: da Procter&Gamble a Nike, da Deutsche Bank a Banco Posta, da Sony a Microsoft. Solo questa settimana abbiamo in progress più di 12 progetti attivi. Importanti. E questo nonostante non facciamo nessuna attività di new business. Inoltre partecipiamo a poche gare. Ma le poche che facciamo le vinciamo (100% la percentuale da settembre 2010).
Lavoro da troppo tempo per illudermi: so bene che per le agenzie esistono i cicli fortunati e quelli sfortunati. Nel primo caso, all’improvviso, tutti iniziano a chiamarti, non sai nemmeno tu il perché. Nel secondo invece tutti ti ignorano. Eppure sei la stessa persona, la stessa struttura e, soprattutto, lavori allo stesso modo. La verità è che in pubblicità esistono le mode. Per anni un’agenzia è cool, di tendenza, poi da un giorno all’altro smette di esserlo. È sempre stato così, sempre lo sarà.
Ma questa volta mi pare di percepire una differenza. Il periodo mi ricorda molto la seconda metà degli anni ’90, quello che ho già definito come l’epoca d’oro dei free lance. In quegli anni le agenzie si erano destrutturate dopo la prima crisi economica e, quando il lavoro era ripartito, invece di riprendere ad assumere avevano iniziato a utilizzare sempre più spesso i free lance. Una precisazione: i free lance di allora non erano paragonabili a quelli di oggi. Se adesso sono definiti come free lance quegli impiegati travestiti da liberi professionisti che consentono alle agenzie di abbattere il costo aziendale, all’epoca erano creativi con reputazione che gestivano progetti importanti (io, ad esempio, durante i miei cinque anni da free lance, non ho mai fatto un lavoro di btl).
La sensazione è che il vecchio sistema delle agenzie di pubblicità stia implodendo definitivamente. Le strutture internazionali, a parte un paio, sono alla disperata ricerca di un equilibrio strutturale impossibile da raggiungere per chi è nate sotto altre prospettive. Per anni si sono suicidate tagliando le risorse interne e ora mostrano tutta la loro fragilità alle aziende. Aziende che da parte loro sono diventate più esigenti: pretendono velocità, competenze interdisciplinari e flessibilità, ma al contempo non riconoscono più valore alla creatività, declassandola ormai come una commodity.
Sembra che il mercato di oggi sia fatto apposta per i free lance. Le qualità per sopravvivere e prosperare in questo contesto sono quelle che ogni free lance di razza possiede: rapidità, professionalità, capacità di relazionarsi con qualsiasi interlocutore, assunzione calcolata del rischio, iniziativa imprenditoriale. L’impressione però è che i free lance si siano evoluti, si siano trasformati in strutture piccole, dinamiche, flessibili, che hanno la dimensione ottimale per affrontare un mercato che non dà più sicurezze. Un mercato dal quale stanno sparendo i contratti pluriennali, se non addirittura quelli annuali, e che è disposto a retribuirti solo per ogni singolo progetto. Un mercato che ti costringe a rischiare a ogni inizio dell’anno, perché se va bene (molto bene) il break even arriverà in estate.
È il contesto adatto a strutture che lavorano come se ogni progetto realizzato per un brand potesse essere l’ultimo. Strutture che per questo motivo danno ogni giorno il massimo, sia in impegno sia in risorse aziendale. E che prosperano grazie alla consapevolezza del fatto che la loro maggiore ricchezza non è la sigla stampata sui biglietti da visita, ma la passione e la professionalità delle persone che lavorano per loro.
Sono strutture che hanno nel loro dna alcune peculiarità dei free lance della seconda metà degli anni ‘90. Esattamente come Enfants Terribles.
Enfants Terribles sta attraversando un ottimo periodo, probabilmente il migliore da quando siamo nati. Stiamo lavorando a pieno regime, sia sul fronte dell’adv sia su quello del digital non convenzionale, per brand di assoluto prestigio: da Procter&Gamble a Nike, da Deutsche Bank a Banco Posta, da Sony a Microsoft. Solo questa settimana abbiamo in progress più di 12 progetti attivi. Importanti. E questo nonostante non facciamo nessuna attività di new business. Inoltre partecipiamo a poche gare. Ma le poche che facciamo le vinciamo (100% la percentuale da settembre 2010).
Lavoro da troppo tempo per illudermi: so bene che per le agenzie esistono i cicli fortunati e quelli sfortunati. Nel primo caso, all’improvviso, tutti iniziano a chiamarti, non sai nemmeno tu il perché. Nel secondo invece tutti ti ignorano. Eppure sei la stessa persona, la stessa struttura e, soprattutto, lavori allo stesso modo. La verità è che in pubblicità esistono le mode. Per anni un’agenzia è cool, di tendenza, poi da un giorno all’altro smette di esserlo. È sempre stato così, sempre lo sarà.
Ma questa volta mi pare di percepire una differenza. Il periodo mi ricorda molto la seconda metà degli anni ’90, quello che ho già definito come l’epoca d’oro dei free lance. In quegli anni le agenzie si erano destrutturate dopo la prima crisi economica e, quando il lavoro era ripartito, invece di riprendere ad assumere avevano iniziato a utilizzare sempre più spesso i free lance. Una precisazione: i free lance di allora non erano paragonabili a quelli di oggi. Se adesso sono definiti come free lance quegli impiegati travestiti da liberi professionisti che consentono alle agenzie di abbattere il costo aziendale, all’epoca erano creativi con reputazione che gestivano progetti importanti (io, ad esempio, durante i miei cinque anni da free lance, non ho mai fatto un lavoro di btl).
La sensazione è che il vecchio sistema delle agenzie di pubblicità stia implodendo definitivamente. Le strutture internazionali, a parte un paio, sono alla disperata ricerca di un equilibrio strutturale impossibile da raggiungere per chi è nate sotto altre prospettive. Per anni si sono suicidate tagliando le risorse interne e ora mostrano tutta la loro fragilità alle aziende. Aziende che da parte loro sono diventate più esigenti: pretendono velocità, competenze interdisciplinari e flessibilità, ma al contempo non riconoscono più valore alla creatività, declassandola ormai come una commodity.
Sembra che il mercato di oggi sia fatto apposta per i free lance. Le qualità per sopravvivere e prosperare in questo contesto sono quelle che ogni free lance di razza possiede: rapidità, professionalità, capacità di relazionarsi con qualsiasi interlocutore, assunzione calcolata del rischio, iniziativa imprenditoriale. L’impressione però è che i free lance si siano evoluti, si siano trasformati in strutture piccole, dinamiche, flessibili, che hanno la dimensione ottimale per affrontare un mercato che non dà più sicurezze. Un mercato dal quale stanno sparendo i contratti pluriennali, se non addirittura quelli annuali, e che è disposto a retribuirti solo per ogni singolo progetto. Un mercato che ti costringe a rischiare a ogni inizio dell’anno, perché se va bene (molto bene) il break even arriverà in estate.
È il contesto adatto a strutture che lavorano come se ogni progetto realizzato per un brand potesse essere l’ultimo. Strutture che per questo motivo danno ogni giorno il massimo, sia in impegno sia in risorse aziendale. E che prosperano grazie alla consapevolezza del fatto che la loro maggiore ricchezza non è la sigla stampata sui biglietti da visita, ma la passione e la professionalità delle persone che lavorano per loro.
Sono strutture che hanno nel loro dna alcune peculiarità dei free lance della seconda metà degli anni ‘90. Esattamente come Enfants Terribles.