I Liguri erano un popolo pre-Indo-Europeo tale e quale a quello degli Iberi. Come gli Iberi erano estroversi, ospitali e amavano la movida. Fecero però l’errore di stabilirsi in un territorio morfologicamente avverso.
“Che costa fantastica!” dissero i primi Liguri quando videro i monti che si tuffavano direttamente nel mare, “ce la godremo un sacco! Berremo la sangria guardando tramonti fantastici, poi mezzi ubriachi passeremo le notti nei locali”.
Purtroppo scoprirono subito le prime avversità.
Per il vino, indispensabile per la sangria, dovettero farsi un culo così: terrazzare i monti, oltre che diventare provetti alpinisti per la vendemmia. Inoltre non c’era modo che riuscissero a produrre né pesche né mele, ingredienti fondamentali per la ricetta. Di conseguenza, dovettero rinunciare alla sangria.
E cominciarono a incazzarsi un poco.
“Ci rimane la vita notturna” si confortarono. Ma nel circondario non c’era nessun locale che stesse aperto dopo le nove di sera (dice Vergassola, a ragione, che l’unica cosa che rimane aperta a Spezia dopo le 21 sono i bancomat). Per un po’ di movida dovettero così affrontare lunghe migrazioni in Versilium.
E le palle girarono loro ancora di più.
Dato che l’agricoltura era così difficile sul territorio, decisero di dedicarsi alla pesca. I loro cugini Iberi erano provetti pescatori, tanto che per l’abbondanza di pescato avevano inventato un piatto che si chiamava paella. Ma agli Iberi bastava salire su una barca che i pesci risalivano a galla gridando “olè!”. Per i liguri, invece, si dimostrò tutt’altra cosa: i pesci della costa erano scontrosi e diffidenti. Non abboccavano mai, se ne stavano sempre sulle loro, degnandoli a malapena di occhiatacce a distanza.
Ancor più incazzati tornarono a terrazzare i monti per provare a coltivare qualcosa.
Ora, provate a immaginare il loro stato d’animo: niente sangria, niente paella, niente movida. Il loro carattere si stava allontanando sempre più da quello degli Iberi. Diventarono sempre meno tolleranti. Tanto che durante le operazioni di terrazzatura si accanivano sul terreno in maniera violenta. E un giorno uno di loro, incazzato come una bestia, picchiò così forte per terra che produsse una poltiglia verdastra. Senza rendersene conto il Ligure in questione aveva insistito a battere per ore sopra delle piantine di basilico, un paio di olive e qualche pinolo. Per curiosità assaggiò quella cosa verde.
Era nato il pesto.
Forse penserete che il pesto avrebbe dovuto farli felici. Non fu così. I liguri pensarono: “ma porca troia, possibile che gli altri popoli hanno il ragù, il prosciutto, la cassoela e noi dobbiamo farci un culo così per cibarci di un intruglio di erbe?”
Il loro carattere peggiorò ulteriormente all’epoca delle Invasioni Estive dei Longobardi. Questi ultimi arrivavano in massa, allegri e arroganti, al grido: “Lavoro! Guadagno! Spendo! Pretendo!” I liguri decisero di combatterli con la loro arma più potente: l’inospitalità. Non tolleravano il fatto che dopo tutto il culo che si facevano per sopravvivere in quel territorio i Longobardi potessero godere delle loro poche risorse. Cominciarono a frantumargli con le clave le piccole piastre di pietra che i Longobardi usavano per dilazionare i pagamenti. Li attaccavano urlando: “Non si fa credito!”
Rimediarono in questo modo pure la reputazione di essere spilorci.
E così, nel giro di qualche secolo, il loro carattere cambiò irrimediabilmente: da popolo estroverso si trasformarono in burberi chiusi e incazzosi.
E così siete costretti a sopportarli.