Studia tutto, tranne l’AI.

Mizio Ratti
7 Ottobre 2025
Categoria: Mizioblog

Mentre stai ancora imparando a scrivere prompt come si deve, leggi guide su ChatGPT e ti iscrivi all’ennesimo corso su “Come sopravvivere all’AI”, le Big Tech stanno già rendendo tutto questo obsoleto.

È come se nel 1995 ti fossi messo a studiare il linguaggio HTML convinto che sarebbe stato il futuro, mentre nel frattempo stavano inventando WordPress. O come se avessi speso anni a perfezionare la tua tecnica di sviluppo fotografico in camera oscura mentre stava arrivando il digitale.

La verità è che l’AI corre verso la semplicità assoluta. Tra un anno, due al massimo, interagire con un’AI sarà semplice come aprire un nuovo documento di word. Per la creatività non serviranno più prompt engineeringchain of thoughtfew-shot learning e tutte quelle tecniche da smanettoni che oggi ti fanno sentire un hacker del futuro. Ci sarai solo tu che dici “voglio questo” e l’AI che lo fa. Punto.

Cosa significa? Che tutti avranno accesso agli stessi identici superpoteri creativi. Il tuo vicino di casa, tua madre, il cugino scemo che a Natale ti chiede ancora “come si fa a mettere la foto su Instagram”. Tutti avranno la stessa capacità di generare immagini perfette, scrivere testi corretti, comporre musiche più che dignitose.

Sarà la democratizzazione definitiva della mediocrità.

Perché quando tutti possono fare tutto, il problema non è più come farlo. Il problema diventa cosa fare. E, soprattutto, perché farlo. È qui che entra in gioco l’unica cosa che l’AI non potrà mai democratizzare: il tuo cervello. Non la sua potenza di calcolo (in quello l’AI ti ha già surclassato ), ma quella miscela di esperienze, ossessioni, traumi, gioie e stranezze che ti rende unico. La tua cultura. Il tuo gusto. La tua capacità di dire “questa cosa è geniale” oppure “è una sciocchezza colossale” con la sicurezza di chi sa riconoscere la differenza.

Pensa ai grandi registi. Kubrick non era grande solo perché sapeva usare la cinepresa meglio degli altri. Era grande perché aveva delle ossessioni uniche, una visione del mondo distorta e affascinante, un’estetica riconoscibile a chilometri di distanza. Quando tutti avranno accesso a telecamere perfette e software di editing potentissimi (oh aspetta, questa cosa c’è già) cosa distinguerà un filmmaker da un tizio con un iPhone?

Le idee. La visione. Il gusto.

Lo stesso vale per l’AI. Quando tutti potranno generare immagini fotorealistiche con un comando vocale, cosa distinguerà l’artista dal dilettante? Non la tecnica, che sarà uguale per tutti. Ma la capacità di immaginare qualcosa che valga la pena di essere creato. Di avere un’idea così potente, così originale, così personale che neppure l’AI più sofisticata avrebbe potuto concepirla da sola.

Perché l’AI può combinare, ricombinare, interpolare, estrapolare. Ma non può desiderare. Non ha urgenze creative. Non vive l’eccitazione del flow. Non si sveglia alle tre di notte con un’idea che le brucia dentro. Non ha vissuto il primo bacio, il primo licenziamento, la morte del gatto. Non ha bevuto troppo vino a una cena con gli amici decidendo che il mondo aveva bisogno di vedere la sua versione distorta della realtà.

Il futuro non apparterrà a chi sa usare meglio l’AI, ma a chi avrà qualcosa da dire che valga la pena di essere detto, scritto, creato. Anche tramite l’AI. A chi avrà sviluppato un gusto così raffinato da saper distinguere, tra le infinite possibilità che l’AI metterà a disposizione, quale vale la pena di realizzare.

Il mio consiglio è questo: smetti di studiare l’AI. Studia tutto il resto. Leggi romanzi russi dell’Ottocento. Guarda film ungheresi degli anni ‘60. Ascolta jazz etiope. Impara a cucinare il ramen. Fai un corso di ceramica. Viaggia in posti dove non c’è il Wi-Fi. Spezzati il cuore. Ricomponilo. Ricomincia.

Perché tra un anno, quando chiederai all’AI di creare qualcosa e lei ti risponderà “ok, fatto”, l’unica differenza tra te e miliardi di persone sarà cosa le hai chiesto di fare. E quella richiesta nascerà dalla somma di tutto quello che sei, che hai visto, che hai amato, che hai odiato.

L’AI è destinata a diventare invisibile, come l’elettricità. Inutile preoccuparsi di come funziona, se sei un creativo la usi e basta. Ma è importante quello che ci fai con l’elettricità. Accendere una lampadina o minare Bitcoin? Quello dipende solo da te.

Non sarà l’AI a renderti creativo. Sarà la tua creatività a rendere l’AI interessante. E se quella creatività non ce l’hai, beh, nemmeno GPT-27 potrà aiutarti. Perché puoi insegnare a una macchina a imitare Van Gogh, ma non puoi insegnarle la disperazione che lo ha portato a tagliarsi un orecchio. E senza l’emozione che un creativo sa rappresentare, l’AI è solo decorazione. Bellissima, forse perfetta, ma solo una una vuota decorazione.

Studia tutto, tranne l’AI. Lei studierà sé stessa. Tu occupati di diventare qualcuno che abbia qualcosa da dire.