Lunedì sera lo Spezia ha battuto 2 a 1 il Milan a San Siro.
Ma con il punteggio sull’1 a 1, al 93° minuto, l’arbitro ha fischiato un fallo contro lo Spezia al limite dell’area. Dopo il contrasto la palla è arrivata a un attaccante del Milan che, a gioco fermo, ha tirato in porta e ha segnato. I rossoneri hanno protestato perché l’arbitro non ha concesso la regola del vantaggio, l’arbitro si è scusato in campo con i giocatori rossoneri ma ha spiegato loro che ormai non poteva farci più niente: aveva fischiato e il tiro in porta dell’attaccante era come se non fosse mai esistito.
Due minuti dopo, in un’azione di contropiede, lo Spezia ha segnato il gol della vittoria. Risultato finale: Milan 1, Spezia 2.
Risultato dopo la partita.
L’arbitro Serra si è messo a piangere negli spogliatoi, i telecronisti di Dazn Marcolin e Ambrosini sono stati colti in un fuorionda mentre dicevano “allora, attacchiamo gli arbitri…”, tutti gli opinionisti del mondo nelle successive trasmissioni televisive hanno gridato allo scandalo e hanno parlato di ingiustizia sportiva, la Gazzetta dello Sport ha scritto decine di articoli sottolineando l’errore dell’arbitro, l’AIA (Associazione Italiana Arbitri) si è scusata con il Milan, il Codacons ha dichiarato che si muoverà per far ripetere la partita, Matteo Salvini ha scritto un tweet in cui invitava la società Milan a farsi sentire, la pagina Facebook dello Spezia si è riempita di commenti più o meno con lo stesso identico concetto “non gioite per questa vittoria che tanto tornerete in serie C, la vostra reale dimensione”.
È vero: la serie C è la nostra reale dimensione.
Anche perché prima della promozione in B nel 2006 ci abbiamo passato ben 55 anni. Proprio per questo non ci spaventa la prospettiva di retrocedere dalla serie A: come tutte le squadre piccole abbiamo imparato a perdere. Abbiamo imparato che c’è sempre qualcuno più forte di te e che se vuoi sopravvivere hai solo tre armi: il cuore, la tenacia e il coraggio.
Noi siamo quelli che partono sempre sfavoriti, che nove volte su dieci tornano a casa sconfitti con le bandiere ammainate. Noi siamo quelli il cui stadio è stato definito da Trezeguet come “il più brutto in cui abbia mai giocato”, quelli che uno dei suoi ex beniamini ha definito affettuosamente “pacciame”, quelli a cui la Uefa ha comminato la sentenza più severa di sempre solo perché non contiamo niente, quelli che in questo campionato hanno subito più rigori contro, quelli che insieme al Torino non ne hanno avuto nemmeno uno a favore.
Ma noi siamo liguri e, anche se qualcuno a Genova ci chiama con disprezzo “i toscani”, abbiamo quel carattere indomito di chi è cresciuto in un territorio bello da vedere ma difficile da vivere. E sappiamo che anche se i pronostici ci danno sempre contro, c’è comunque una minima possibilità di ribaltarli, ma bisogna esser capaci di sacrificarsi e crederci fino in fondo, esattamente come è successo lunedì sera.
E quella variabile impazzita, quell’anomalia che ha permesso a una squadra estremamente sfavorita di vincere all’ultimo secondo, è una delle poche cose che rende ancora bello il calcio. Specie se quella vittoria arriva da un presunto* errore arbitrale ai danni di una delle solite favorite. Perché rappresenta l’unica parte romantica sopravvissuta in quello che oggi è il business malato del calcio, pieno di plusvalenze fasulle, bilanci falsi e commissioni milionarie ai procuratori.
E proprio perché abbiamo introiettato la cultura della sconfitta, siamo la parte ancora sana di questo gioco. Forse addirittura la parte più autentica di questa buffa esistenza. Perché al contrario di tutti quelli che da lunedì gridano allo scandalo, e non hanno visto la bellezza di quella vittoria all’ultimo secondo, sappiamo che nella vita non tutto ti è dovuto per forza, solo perché sei il più popolare, il più potente, il più forte.
Sappiamo che ogni cosa va guadagnata. Con abnegazione e sacrificio. Perché la vita non è quel bluff patinato che ci mostra Instagram, piena di scatti felici e tutti uguali, ma è faccenda più complessa, una sequenza anomala dove i sacrifici e le delusioni si ripetono con costanza.
Voi siete quelli che tifano sempre la squadra più forte. Noi siamo quelli più deboli. Ma lunedì abbiamo vinto noi. E non parlo della vittoria sul campo, dico che avete perso una grande opportunità: quella di accettare una sconfitta che non è dovuta a qualcosa di imponderabile al di fuori di voi stessi, da attribuire all’arbitro oppure al destino, ma dipende da un vostro limite di quella sera e anche dalla maggiore forza di volontà dei vostri avversari. Perché, siamo onesti, se pareggi 1 a 1 a San Siro fino al 93° contro il piccolo Spezia con chi devi prendertela se non con te stesso?
Solo i deboli tifano sempre per i più forti. Solo i deboli sono convinti che gli sia tutto dovuto. Solo i deboli danno sempre la colpa a qualcun altro o qualcos’altro. Solo i deboli sono incapaci di affrontare le frustrazioni che la vita gli pone davanti.
Lunedì sera avete ricevuto la grazia di provare sulla vostra pelle quello che ogni maledetta domenica vivono i tifosi delle piccole squadre, quello che qualcuno ha definito il pacciame di provincia, quella costante delusione che da sola rende più grandi le rare gioie improvvise, ma non avete saputo cogliere la grandezza di questa fortuna.
Sono dispiaciuto per voi.
Perché continuerete a illudervi che tutto vi è dovuto e che la vita non comporti amarezze, ingiustizie o sacrifici. Continuerete a scattarvi selfie sorridenti esibendo una felicità che non vi appartiene. Soprattutto continuerete a confondere la forza della squadra per cui fate il tifo, con la forza del vostro carattere.
E mentre continuerete a fare tutto ciò, noi domenica ci siederemo nello stadio più brutto del mondo, insieme agli amici di sempre. E le emozioni per noi saranno sempre le stesse, a prescindere dall’avversario e dal risultato. Le stesse che abbiamo provato lunedì contro il Milan, le stesse di anni fa contro il Prato, il Derthona o il Pizzighettone.
Perché alla fine per quelli come noi non è importante il risultato.
È importante essere orgogliosi di quello che siamo, anche se affrontiamo avversari più forti. È importante credere che è sempre possibile farcela, e che ogni tanto anche il più debole vince, ma è necessario provarci sempre, fino all’ultimo secondo.
P.S.
*Presunto errore arbitrale.
Minuto 42: il portiere dello Spezia fa per colpire la palla in area di rigore, ma un giocatore del Milan lo anticipa. Il portiere dello Spezia colpisce il piede del giocatore del Milan prima del pallone. L’arbitro concede il rigore.
Minuto 93: un giocatore del Milan sta per calciare, ma un giocatore dello Spezia lo anticipa e mette il piede davanti al pallone. Il giocatore del Milan lo colpisce prima del pallone. L’arbitro concede una punizione al Milan.
La dinamica è la stessa nei due episodi, quindi se il primo è rigore per il Milan, il secondo è fallo per lo Spezia.
La cosa ironica è che, dopo un arbitraggio a senso unico per tutta la partita a favore dei rossoneri, l’arbitro si è dimostrato talmente ansioso di aggiudicare un calcio di punizione al Milan dal limite durante gli ultimi minuti che ha fischiato in anticipo, senza neppure guardare dove potesse andare la palla (a un giocatore del Milan che poi ha tirato e segnato).
E poi c’è rimasto tanto male che poi si è messo a piangere negli spogliatoi.
Ma come ha detto Angelo Di Livio, una delle poche persone obiettive che hanno commentato l’episodio in questi giorni, il fallo è del giocatore rossonero: https://www.youtube.com/results?search_query=di+livio+milan+spezia
Di conseguenza, è da lunedì che i giornali stanno montando un caso su un gol che proprio non aveva nessuna ragione di esistere.