La scorsa settimana Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors Club Italiano, ha pubblicato sul blog del Club una storia che ci riguarda un po’ tutti.
La storia la potete leggere qui nel dettaglio, ma ve la riassumo per comodità. Riccardo Pagani, ex art director di Leo Burnett, nel 2010 ha un’idea per Fiat 500. Fiat apprezza quest’idea ma non la approva subito. La approva quattro anni dopo, il 21 febbraio 2014, quando l’idea viene ripresentata all’azienda. Ironia della sorte, l’idea di Pagani viene approvata esattamente quattro giorni dopo che lo stesso Pagani è messo in cassa integrazione da Leo Burnett. Ma con il passare del tempo il destino si dimostra ancora più beffardo: l’idea del cassintegrato Pagani vince un Leone di Bronzo a Cannes e un oro agli Adci Awards.
Ma la crudeltà del destino è poca cosa rispetto a quella degli uomini: a Pagani sono negati i credits della campagna, quindi la gratificazione di un riconoscimento. Gli sono negati perché qualcuno all’interno di Leo Burnett si illude di poter di ricattare la sua vanità: “se risolvi il rapporto di lavoro e rinunci ai tuoi diritti ti mettiamo nei credits”.
Pagani non rinuncia e va in causa. Perde la causa nonostante gli venga riconosciuta la paternità dell’idea. La perde perché il giudice non riconosce il diritto d’autore alla singola idea, ma lo riconosce solo all’opera pubblicitaria compiuta e finita. Ma Pagani non si arrende e fa ricorso. La sentenza d’appello ci sarà il 9 gennaio
La vicenda, come scrive Guastini, ci coinvolge tutti perché definisce il nostro ruolo e quello che facciamo. Perché ci pone una domanda: possiamo ancora chiamarci creativi, oppure le nostre singole idee non valgono niente?
È un tema complesso, da approfondire prima del 9 gennaio, ma prima vorrei soffermarmi su una cosa che mi ha colpito quasi di più. La stessa che ha catturato l’attenzione di Guido Chiovato: l’sms che Vavala manda a Brenna, CEO di Leo Burnett, durante l’ultimo Festival di Cannes. Il testo è: “Film cult in short. Pensa che ridere se vince… I credits sono vavala Robiglio Dematteis pagani. Ah ah”.
Per completezza d’informazione, Vavala, Robiglio e Dematteis sono tre ex manager di Leo Burnett che nel maggio 2013 sono stati allontanati dall’agenzia da un giorno all’altro. Quindi, giusto per essere chiari, il messaggio di Vavala è sarcastico e significa: avete trombato 4 potenziali Leoni a Cannes.
Il CEO risponde con uno smile.
Uno smile.
Nonostante sia dotato di un discreto senso dell’ironia, in questo messaggio non ci trovo niente da ridere.
Ci trovo invece tutto il peggio di noi italiani: l’arroganza e il senso d’impunità di chi dirige e comanda, ma soprattutto la mancanza di una qualsiasi forma di etica, onestà intellettuale e rispetto verso gli altri.
Per i motivi che ho elencato, la vicenda di Riccardo Pagani è d’importanza capitale per noi e per il nostro settore. Perché il 9 gennaio non solo si definisce il nostro ruolo come creativi ma anche la nostra dignità professionale.
Da una parte c’è l’arroganza e il senso d’impunità di chi gestisce i network internazionali, dall’altra c’è il coraggio di singoli come Pagani e Guastini che si complicano la vita per una questione etica. Nel mezzo ci siamo noi che possiamo continuare a nasconderci dietro lo status di creativi immaturi e con la testa fra le nuvole, oppure avere il coraggio di prendere certe posizioni.
La mia posizione è questa: da imprenditore di un’agenzia indipendente dico che i grandi network in Italia sono il cancro del settore.
Perché sono i veri responsabili del crollo delle remunerazioni, dato che sono stati i primi a farsi dumping fra di loro.
Perché sono i veri responsabili delle speculative selvagge, dato che sono stati i primi a fare gare al ribasso.
Perché sono i veri responsabili della dequalificazione del nostro settore, dato che si sono riempiti di stagisti che sottopagano, sfruttano e cambiano nel momento in cui dovrebbero dare loro uno stipendio dignitoso.
Perché sono i veri responsabili della presunzione e della pochezza umana di certi creativi, dato che pompano la loro vanità con l’illusione dei premi come se fossero polli d’allevamento (e adesso gli negano pure i credits).
Insomma, non c’è dubbio che il 9 gennaio io stia dalla parte di Riccardo Pagani.
Il mondo dell’advertising è lo specchio di questo paese. Stessa spocchia di questi pseudo politici (pseudo nuovi) del piffero, il fiorentino in testa, che ironizzano, spadroneggiano, irridono mentre ci portano allegramente alla rovina.
Riccardo Pagani, uno di noi.
Head a parte, il problema cela molte problematiche: etica, reputazione, deontologia, svalutazione del lavoro e dei diritti d’autore; oltre, naturalmente, al senso di tutto ciò.
Faccio il tifo in modo assoluto per Riccardo (non lo conosco di persona, ma mi permetto di chiamarlo per nome come forma di umana vicinanza), dopo aver letto la tua lucida ricostruzione della vicenda, e mi piacerebbe anche poter essere di aiuto in qualche modo, ma non so come.
Mi considero ancora un soldatino (anche se con qualche anno di battaglie alle spalle), mentre tu e Massimo siete i nostri generali per acclamazione; conta anche su di me, dunque, se ritieni che possa fare qualcosa di concreto.
Intanto… Forza Riccardo, non mollare!
[…] rivendicazioni di Riccardo Pagani ho scritto il 15 dicembre, nel post “Siamo creativi o caporali”, ma domani ci sarà la sentenza d’appello. Se l’esito del primo grado dovesse essere […]
La scorsa settimana Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors Club Italiano, ha pubblicato sul blog del Club una storia che ci riguarda un po’ tutti.
La storia la potete leggere qui nel dettaglio, ma ve la riassumo per comodità. Riccardo Pagani, ex art director di Leo Burnett, nel 2010 ha un’idea per Fiat 500. Fiat apprezza quest’idea ma non la approva subito. La approva quattro anni dopo, il 21 febbraio 2014, quando l’idea viene ripresentata all’azienda. Ironia della sorte, l’idea di Pagani viene approvata esattamente quattro giorni dopo che lo stesso Pagani è messo in cassa integrazione da Leo Burnett. Ma con il passare del tempo il destino si dimostra ancora più beffardo: l’idea del cassintegrato Pagani vince un Leone di Bronzo a Cannes e un oro agli Adci Awards.
Ma la crudeltà del destino è poca cosa rispetto a quella degli uomini: a Pagani sono negati i credits della campagna, quindi la gratificazione di un riconoscimento. Gli sono negati perché qualcuno all’interno di Leo Burnett si illude di poter di ricattare la sua vanità: “se risolvi il rapporto di lavoro e rinunci ai tuoi diritti ti mettiamo nei credits”.
Pagani non rinuncia e va in causa. Perde la causa nonostante gli venga riconosciuta la paternità dell’idea. La perde perché il giudice non riconosce il diritto d’autore alla singola idea, ma lo riconosce solo all’opera pubblicitaria compiuta e finita. Ma Pagani non si arrende e fa ricorso. La sentenza d’appello ci sarà il 9 gennaio
La vicenda, come scrive Guastini, ci coinvolge tutti perché definisce il nostro ruolo e quello che facciamo. Perché ci pone una domanda: possiamo ancora chiamarci creativi, oppure le nostre singole idee non valgono niente?
È un tema complesso, da approfondire prima del 9 gennaio, ma prima vorrei soffermarmi su una cosa che mi ha colpito quasi di più. La stessa che ha catturato l’attenzione di Guido Chiovato: l’sms che Vavala manda a Brenna, CEO di Leo Burnett, durante l’ultimo Festival di Cannes. Il testo è: “Film cult in short. Pensa che ridere se vince… I credits sono vavala Robiglio Dematteis pagani. Ah ah”.
Per completezza d’informazione, Vavala, Robiglio e Dematteis sono tre ex manager di Leo Burnett che nel maggio 2013 sono stati allontanati dall’agenzia da un giorno all’altro. Quindi, giusto per essere chiari, il messaggio di Vavala è sarcastico e significa: avete trombato 4 potenziali Leoni a Cannes.
Il CEO risponde con uno smile.
Uno smile.
Nonostante sia dotato di un discreto senso dell’ironia, in questo messaggio non ci trovo niente da ridere.
Ci trovo invece tutto il peggio di noi italiani: l’arroganza e il senso d’impunità di chi dirige e comanda, ma soprattutto la mancanza di una qualsiasi forma di etica, onestà intellettuale e rispetto verso gli altri.
Per i motivi che ho elencato, la vicenda di Riccardo Pagani è d’importanza capitale per noi e per il nostro settore. Perché il 9 gennaio non solo si definisce il nostro ruolo come creativi ma anche la nostra dignità professionale.
Da una parte c’è l’arroganza e il senso d’impunità di chi gestisce i network internazionali, dall’altra c’è il coraggio di singoli come Pagani e Guastini che si complicano la vita per una questione etica. Nel mezzo ci siamo noi che possiamo continuare a nasconderci dietro lo status di creativi immaturi e con la testa fra le nuvole, oppure avere il coraggio di prendere certe posizioni.
La mia posizione è questa: da imprenditore di un’agenzia indipendente dico che i grandi network in Italia sono il cancro del settore.
Perché sono i veri responsabili del crollo delle remunerazioni, dato che sono stati i primi a farsi dumping fra di loro.
Perché sono i veri responsabili delle speculative selvagge, dato che sono stati i primi a fare gare al ribasso.
Perché sono i veri responsabili della dequalificazione del nostro settore, dato che si sono riempiti di stagisti che sottopagano, sfruttano e cambiano nel momento in cui dovrebbero dare loro uno stipendio dignitoso.
Perché sono i veri responsabili della presunzione e della pochezza umana di certi creativi, dato che pompano la loro vanità con l’illusione dei premi come se fossero polli d’allevamento (e adesso gli negano pure i credits).
Insomma, non c’è dubbio che il 9 gennaio io stia dalla parte di Riccardo Pagani.
E voi, da che parte state?
Comments (3)
Il mondo dell’advertising è lo specchio di questo paese. Stessa spocchia di questi pseudo politici (pseudo nuovi) del piffero, il fiorentino in testa, che ironizzano, spadroneggiano, irridono mentre ci portano allegramente alla rovina.
Riccardo Pagani, uno di noi.
Head a parte, il problema cela molte problematiche: etica, reputazione, deontologia, svalutazione del lavoro e dei diritti d’autore; oltre, naturalmente, al senso di tutto ciò.
Faccio il tifo in modo assoluto per Riccardo (non lo conosco di persona, ma mi permetto di chiamarlo per nome come forma di umana vicinanza), dopo aver letto la tua lucida ricostruzione della vicenda, e mi piacerebbe anche poter essere di aiuto in qualche modo, ma non so come.
Mi considero ancora un soldatino (anche se con qualche anno di battaglie alle spalle), mentre tu e Massimo siete i nostri generali per acclamazione; conta anche su di me, dunque, se ritieni che possa fare qualcosa di concreto.
Intanto… Forza Riccardo, non mollare!
[…] rivendicazioni di Riccardo Pagani ho scritto il 15 dicembre, nel post “Siamo creativi o caporali”, ma domani ci sarà la sentenza d’appello. Se l’esito del primo grado dovesse essere […]