Mancano poche ore al voto e siamo in pieno silenzio elettorale, mi pare il momento più adatto per dare un giudizio sull’efficacia della comunicazione dei partiti e, soprattutto, sulla loro capacità di utilizzare i media. Premetto che lo faccio da un punto di vista tecnico, da pubblicitario, a prescindere da quello che sono le mie intenzioni di voto.
Il vincitore di questa campagna elettorale, e ribadisco dal punto di vista della comunicazione, è senza dubbio il MoVimento 5 Stelle.
La distanza fra il modo di comunicare di Beppe Grillo e gli avversari è stato siderale. Che il MoVimento 5 Stelle sapesse comunicare bene in rete era risaputo, ma in questi ultimi mesi abbiamo assistito a quello che noi creativi pubblicitari amiamo definire “comunicazione integrata”. Il MoVimento 5 Stelle ha saputo combinare digital, social network e territorio, ed è riuscito a farlo in maniera eccellente. Particolarmente rivoluzionaria è stata l’idea di rinunciare alla televisione. Brillante perché in realtà in tv il movimento c’è arrivato lo stesso, ma in maniera cosiddetta “virale” (l’ultima tappa dello Tsunami Tour è stata infatti ripresa da numerose televisioni con dirette e servizi). Beppe Grillo è riuscito a realizzare la prima campagna italiana “second screen”, solo che in questo caso la televisione non ha rappresentato il primo schermo, quello di cui commentare, ma il secondo, quello su cui si commentava (e in questo senso ha rappresentato una case history di comunicazione di livello mondiale).
Non so se la strategia di comunicazione del MoVimento 5 Stelle sia da attribuire a Grillo o a Casaleggio (nel caso fosse il secondo gli vanno fatti i complimenti nonostante abbia le qualità empatiche di una sogliola), ma è certo che conoscevano molto bene il loro target, sapevano come raggiungerlo e sapevano cosa dir loro. Non sono d’accordo su chi afferma che la comunicazione del MoVimento 5 Stelle si è basata solo sul “negative approach”. Ho seguito solo un intervento di Grillo, ieri sera, in streaming, e posso assicurarvi che i suoi concetti li ha espressi in maniera chiara ed efficace, tant’è che il mio commento finale è stato: “Cazzo, qua finisce che Grillo riesce dove la sinistra non è riuscita per cinquant’anni: portare il comunismo al governo”.
Una strategia lucidissima e un’esecuzione ineccepibile. Mi sbilancio dicendo che, secondo me, la campagna elettorale del MoVimento 5 Stelle è stata ancora più rivoluzionaria ed efficace di quella di Obama nel 2008.
In seconda posizione, per quanto riguarda la comunicazione politica, metto Silvio Berlusconi. Se Grillo è stato il campione della comunicazione innovativa e integrata, Berlusconi è il fuoriclasse di quella classica. Lui punta tutto sulla tv e lo fa consapevolmente. Per due motivi: il primo è che sa usare la tv come nessun altro, d’altronde è il suo business, il secondo è che è consapevole che il suo target si trova lì. È un po’ come quando lavori in agenzia e sai che, nonostante il crescere dirompente del digital, ci sono prodotti per cui non puoi rinunciare alla tv: detersivi, alimentari, eccetera. Sono quei brand che si rivolgono a un pubblico anziano o culturalmente poco evoluto. Berlusconi questo lo sa benissimo e infatti ha snobbato quasi del tutto il digital e il territorio. Non è un caso che l’ultimo tentativo lo abbia fatto con un media ancora più classico della tv: il direct mailing (la lettera con la restituzione dell’IMU). Peccato che non abbia avuto il coraggio di sfruttare la classicità fino in fondo e non abbia inserito in fondo alla lettera un coupon da ritagliare.
Un’altra cosa che Berlusconi sa fare davvero bene è sfruttare le “call to action”. Fateci caso: “Se mi votate, un milione di posti di lavori…” oppure “se mi votate, restituisco l’IMU…” Un’ottimo comunicatore, quindi, che ha la sfortuna di vendere un prodotto un po’ taroccato. Puoi essere bravo quanto vuoi ma come diceva Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo”.
Silvio Berlusconi ha fatto una rimonta incredibile nei sondaggi grazie alla sua capacità di padroneggiare la comunicazione classica, ma la sua strategia ha un limite: il suo prodotto ha bisogno di continua esposizione mediatica per conservare la brand awarness (così come i brand di detersivi e quelli telefonici), e così è facile prevedere che in questi due giorni di silenzio elettorale abbia perso qualcosa nei sondaggi. Inoltre, a mio parere, ha fatto un errore: ha esagerato con gli sconti e le offerte promozionali. E queste, come tutti i pubblicitari sanno, sono attività che danno una redemption immediata ma se eccedi vanno a deteriorare la brand awareness.
Al terzo posto per la qualità della comunicazione metto Oscar Giannino. Se Grillo è stato un esempio di comunicazione integrata e Berlusconi di comunicazione classica, Giannino è stato il digital puro. Ha comunicato in maniera intelligente e semplice, utilizzando anche lui al meglio, come Grillo, gli strumenti del web. È stato bravo anche a gestire la crisi che l’ha coinvolto dopo che è stato scoperto a mentire: si è dimesso e la sera stessa è andato dalla Bignardi ad affrontare il pubblico. Purtroppo per lui tutti i suoi sforzi risulteranni vani: non puoi rimediare a una crisi così grave nel lasso di così pochi giorni. Ma dal punto di vista della comunicazione ha rappresentato un’interessante novità.
Al quarto posto per capacità della comunicazione metto il PD.
Il problema di Bersani è stato soprattutto il posizionamento poco chiaro.
La tipologia della sua comunicazione ha ricordato molto quella delle multinazionali. O, meglio, quella di molti uomini di marketing che lavorano nelle multinazionali. Quelli che noi creativi conosciamo bene e il cui primo comandamento è: “non prendiamoci troppi rischi”.
Alla fine il PD ha sfruttato tutti i media, come le multinazionali appunto, ma non ne ha sfruttato nessuno in maniera efficace. Sui media classici è stato surclassato da Berlusconi, sui social network da Grillo e anche da Giannino.
Ha gestito la sua comunicazione senza grade lucidità e visione.
Faccio un esempio: non basta mettere cento scimmie su Twitter che scrivono tutto il giorno per diventare influenti in rete.
Ne faccio un altro: non basta mettere dei video sul web perché diventino “virali”.
Se sono boiate rimangono boiate.
È mancata una strategia.
È mancato un posizionamento.
Perché l’unico concetto che è passato della campagna di comunicazione del PD è stato: “Vota il meno peggio”.
Inoltre il PD ha fatto un altro errore, più di marketing che di comunicazione. Non ha interpretato bene la mappa di posizionamento e, abituato a confrontarsi sempre con un solo antagonista, ha sottovalutato il terzo concorrente facendosi sorpassare a sinistra. Sentendo parlare Beppe Grillo ieri sera sembrava di sentire un comunista, sentendo parlare Bersani alla tv in queste ultime settimane sembrava di sentire un uomo di centro.
Per quanto riguarda gli altri schieramenti politici, be’, niente di rilevante.
Molti di loro mi ricordano quei clienti ignoranti e ingenui che dopo averti chiesto la fanpage su Facebook ti chiedono a cosa serve e come funziona. La vogliono solo perché ce l’hanno gli altri. E si stupiscono del fatto che devono pagare le ads per acquisire i fan
(cliente: “ma non possiamo fare una cosa virale per attirare le persone?” creativo: “virale? Se fossimo un ospedale potremmo scatenare la peste.”)
m.
P.S.
Per concludere, qualcuno riesce a spiegarmi a cosa cazzo servono ancora le affissioni con i faccioni dei candidati?
Mancano poche ore al voto e siamo in pieno silenzio elettorale, mi pare il momento più adatto per dare un giudizio sull’efficacia della comunicazione dei partiti e, soprattutto, sulla loro capacità di utilizzare i media. Premetto che lo faccio da un punto di vista tecnico, da pubblicitario, a prescindere da quello che sono le mie intenzioni di voto.
Il vincitore di questa campagna elettorale, e ribadisco dal punto di vista della comunicazione, è senza dubbio il MoVimento 5 Stelle.
La distanza fra il modo di comunicare di Beppe Grillo e gli avversari è stato siderale. Che il MoVimento 5 Stelle sapesse comunicare bene in rete era risaputo, ma in questi ultimi mesi abbiamo assistito a quello che noi creativi pubblicitari amiamo definire “comunicazione integrata”. Il MoVimento 5 Stelle ha saputo combinare digital, social network e territorio, ed è riuscito a farlo in maniera eccellente. Particolarmente rivoluzionaria è stata l’idea di rinunciare alla televisione. Brillante perché in realtà in tv il movimento c’è arrivato lo stesso, ma in maniera cosiddetta “virale” (l’ultima tappa dello Tsunami Tour è stata infatti ripresa da numerose televisioni con dirette e servizi). Beppe Grillo è riuscito a realizzare la prima campagna italiana “second screen”, solo che in questo caso la televisione non ha rappresentato il primo schermo, quello di cui commentare, ma il secondo, quello su cui si commentava (e in questo senso ha rappresentato una case history di comunicazione di livello mondiale).
Non so se la strategia di comunicazione del MoVimento 5 Stelle sia da attribuire a Grillo o a Casaleggio (nel caso fosse il secondo gli vanno fatti i complimenti nonostante abbia le qualità empatiche di una sogliola), ma è certo che conoscevano molto bene il loro target, sapevano come raggiungerlo e sapevano cosa dir loro. Non sono d’accordo su chi afferma che la comunicazione del MoVimento 5 Stelle si è basata solo sul “negative approach”. Ho seguito solo un intervento di Grillo, ieri sera, in streaming, e posso assicurarvi che i suoi concetti li ha espressi in maniera chiara ed efficace, tant’è che il mio commento finale è stato: “Cazzo, qua finisce che Grillo riesce dove la sinistra non è riuscita per cinquant’anni: portare il comunismo al governo”.
Una strategia lucidissima e un’esecuzione ineccepibile. Mi sbilancio dicendo che, secondo me, la campagna elettorale del MoVimento 5 Stelle è stata ancora più rivoluzionaria ed efficace di quella di Obama nel 2008.
In seconda posizione, per quanto riguarda la comunicazione politica, metto Silvio Berlusconi. Se Grillo è stato il campione della comunicazione innovativa e integrata, Berlusconi è il fuoriclasse di quella classica. Lui punta tutto sulla tv e lo fa consapevolmente. Per due motivi: il primo è che sa usare la tv come nessun altro, d’altronde è il suo business, il secondo è che è consapevole che il suo target si trova lì. È un po’ come quando lavori in agenzia e sai che, nonostante il crescere dirompente del digital, ci sono prodotti per cui non puoi rinunciare alla tv: detersivi, alimentari, eccetera. Sono quei brand che si rivolgono a un pubblico anziano o culturalmente poco evoluto. Berlusconi questo lo sa benissimo e infatti ha snobbato quasi del tutto il digital e il territorio. Non è un caso che l’ultimo tentativo lo abbia fatto con un media ancora più classico della tv: il direct mailing (la lettera con la restituzione dell’IMU). Peccato che non abbia avuto il coraggio di sfruttare la classicità fino in fondo e non abbia inserito in fondo alla lettera un coupon da ritagliare.
Un’altra cosa che Berlusconi sa fare davvero bene è sfruttare le “call to action”. Fateci caso: “Se mi votate, un milione di posti di lavori…” oppure “se mi votate, restituisco l’IMU…” Un’ottimo comunicatore, quindi, che ha la sfortuna di vendere un prodotto un po’ taroccato. Puoi essere bravo quanto vuoi ma come diceva Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo”.
Silvio Berlusconi ha fatto una rimonta incredibile nei sondaggi grazie alla sua capacità di padroneggiare la comunicazione classica, ma la sua strategia ha un limite: il suo prodotto ha bisogno di continua esposizione mediatica per conservare la brand awarness (così come i brand di detersivi e quelli telefonici), e così è facile prevedere che in questi due giorni di silenzio elettorale abbia perso qualcosa nei sondaggi. Inoltre, a mio parere, ha fatto un errore: ha esagerato con gli sconti e le offerte promozionali. E queste, come tutti i pubblicitari sanno, sono attività che danno una redemption immediata ma se eccedi vanno a deteriorare la brand awareness.
Al terzo posto per la qualità della comunicazione metto Oscar Giannino. Se Grillo è stato un esempio di comunicazione integrata e Berlusconi di comunicazione classica, Giannino è stato il digital puro. Ha comunicato in maniera intelligente e semplice, utilizzando anche lui al meglio, come Grillo, gli strumenti del web. È stato bravo anche a gestire la crisi che l’ha coinvolto dopo che è stato scoperto a mentire: si è dimesso e la sera stessa è andato dalla Bignardi ad affrontare il pubblico. Purtroppo per lui tutti i suoi sforzi risulteranni vani: non puoi rimediare a una crisi così grave nel lasso di così pochi giorni. Ma dal punto di vista della comunicazione ha rappresentato un’interessante novità.
Al quarto posto per capacità della comunicazione metto il PD.
Il problema di Bersani è stato soprattutto il posizionamento poco chiaro.
La tipologia della sua comunicazione ha ricordato molto quella delle multinazionali. O, meglio, quella di molti uomini di marketing che lavorano nelle multinazionali. Quelli che noi creativi conosciamo bene e il cui primo comandamento è: “non prendiamoci troppi rischi”.
Alla fine il PD ha sfruttato tutti i media, come le multinazionali appunto, ma non ne ha sfruttato nessuno in maniera efficace. Sui media classici è stato surclassato da Berlusconi, sui social network da Grillo e anche da Giannino.
Ha gestito la sua comunicazione senza grade lucidità e visione.
Faccio un esempio: non basta mettere cento scimmie su Twitter che scrivono tutto il giorno per diventare influenti in rete.
Ne faccio un altro: non basta mettere dei video sul web perché diventino “virali”.
Se sono boiate rimangono boiate.
È mancata una strategia.
È mancato un posizionamento.
Perché l’unico concetto che è passato della campagna di comunicazione del PD è stato: “Vota il meno peggio”.
Inoltre il PD ha fatto un altro errore, più di marketing che di comunicazione. Non ha interpretato bene la mappa di posizionamento e, abituato a confrontarsi sempre con un solo antagonista, ha sottovalutato il terzo concorrente facendosi sorpassare a sinistra. Sentendo parlare Beppe Grillo ieri sera sembrava di sentire un comunista, sentendo parlare Bersani alla tv in queste ultime settimane sembrava di sentire un uomo di centro.
Per quanto riguarda gli altri schieramenti politici, be’, niente di rilevante.
Molti di loro mi ricordano quei clienti ignoranti e ingenui che dopo averti chiesto la fanpage su Facebook ti chiedono a cosa serve e come funziona. La vogliono solo perché ce l’hanno gli altri. E si stupiscono del fatto che devono pagare le ads per acquisire i fan
(cliente: “ma non possiamo fare una cosa virale per attirare le persone?” creativo: “virale? Se fossimo un ospedale potremmo scatenare la peste.”)
m.
P.S.
Per concludere, qualcuno riesce a spiegarmi a cosa cazzo servono ancora le affissioni con i faccioni dei candidati?