Il mio primo direttore creativo, Pier Alvise Bragadin, mostrava sempre con orgoglio una delle famose caricature di Gavino Sanna. In quella caricatura Bragadin era ritratto mentre reggeva in mano una pala. Lui stesso me ne spiegò il significato. “è perché sono il più grande spalatore di merda della pubblicità!” Ai tempi lo compativo: non comprendevo perché fosse orgoglioso di tale reputazione, e nemmeno perché affrontasse con lo stesso entusiasmo la scrittura di uno spot come quella di un publiredazionale. Solo ultimamente ho capito. Dopo che hai fatto questo mestiere per tanti anni, che hai spalato merda in agenzia e come freelance, capisci che l’unico modo per non farsi avvelenare dalle frustrazioni è fare con leggerezza anche le cose meno brillanti. Tutti iniziamo a lavorare in questo settore spinti dalla voglia di esprimere la nostra creatività al massimo. Scopriamo presto che quest’ambizione è dopata (non a caso l’unico che riesce a trasformare ogni lavoro in un premio si chiama Droga). Per noi comuni mortali l’unica strada percorribile è ritrovare la dignità del mestiere. Magari affrontare certi progetti con auto-ironia (in ET, ad esempio, teniamo una piccola bacheca degli orrori). Ma è altrettanto importante resistere al cinismo, perché prima o poi l’occasione giusta per spingere sulla creatività arriva (anche se non spesso come ci si augurerebbe). Scrivo questo perché stanno arrivando tempi durissimi: l’economia va a rotoli, le aziende hanno sempre più paura di rischiare, tagliano i budget. La creatività, come succede sempre in questi periodi, soffrirà in tutto il mondo, figuriamoci in Italia. D’altronde, ed è anche lecito, in periodi come questi la priorità non è vincere a Cannes, ma sopravvivere. Non dico questo per farvi andare in panico, ma per darvi un consiglio: armatevi di pale e di stivaloni per affrontare tutta la merda che ci aspetta. E preparatevi a spalarla con allegria. Perché vi assicuro che è l’unico modo per resistere. E’ l’unico modo per far sopravvivere quella passione che ci permetterà di cogliere lo spiraglio in cui prima o poi far crescere un fiore.
Il mio primo direttore creativo, Pier Alvise Bragadin, mostrava sempre con orgoglio una delle famose caricature di Gavino Sanna. In quella caricatura Bragadin era ritratto mentre reggeva in mano una pala. Lui stesso me ne spiegò il significato. “è perché sono il più grande spalatore di merda della pubblicità!” Ai tempi lo compativo: non comprendevo perché fosse orgoglioso di tale reputazione, e nemmeno perché affrontasse con lo stesso entusiasmo la scrittura di uno spot come quella di un publiredazionale. Solo ultimamente ho capito. Dopo che hai fatto questo mestiere per tanti anni, che hai spalato merda in agenzia e come freelance, capisci che l’unico modo per non farsi avvelenare dalle frustrazioni è fare con leggerezza anche le cose meno brillanti. Tutti iniziamo a lavorare in questo settore spinti dalla voglia di esprimere la nostra creatività al massimo. Scopriamo presto che quest’ambizione è dopata (non a caso l’unico che riesce a trasformare ogni lavoro in un premio si chiama Droga). Per noi comuni mortali l’unica strada percorribile è ritrovare la dignità del mestiere. Magari affrontare certi progetti con auto-ironia (in ET, ad esempio, teniamo una piccola bacheca degli orrori). Ma è altrettanto importante resistere al cinismo, perché prima o poi l’occasione giusta per spingere sulla creatività arriva (anche se non spesso come ci si augurerebbe). Scrivo questo perché stanno arrivando tempi durissimi: l’economia va a rotoli, le aziende hanno sempre più paura di rischiare, tagliano i budget. La creatività, come succede sempre in questi periodi, soffrirà in tutto il mondo, figuriamoci in Italia. D’altronde, ed è anche lecito, in periodi come questi la priorità non è vincere a Cannes, ma sopravvivere. Non dico questo per farvi andare in panico, ma per darvi un consiglio: armatevi di pale e di stivaloni per affrontare tutta la merda che ci aspetta. E preparatevi a spalarla con allegria. Perché vi assicuro che è l’unico modo per resistere. E’ l’unico modo per far sopravvivere quella passione che ci permetterà di cogliere lo spiraglio in cui prima o poi far crescere un fiore.