Circa un mese fa, seduto sulla poltroncina di un volo che mi riportava da Amsterdam (no, non ero sotto l’effetto di sostanze psicotrope), ho condiviso con le mie compagne di viaggio una sensazione di disagio. Siccome questo disagio si ripete sempre più spesso, ho deciso di analizzarlo. L’impressione che ho avuto allora, e che ormai è diventata cronica, è quella di non leggere a sufficienza. O meglio: di non essere informato abbastanza.
La lettura è una cosa che ho sempre amato, sia per lavoro sia per curiosità sono portato a divorare tutto ciò che posso (secondo le statistiche sono considerato un forte lettore). Anche per questo mi sono sempre ritenuto una persona aggiornata: la mia land-page di Safari è Repubblica.it, inoltre il sabato e la domenica mi leggo un paio di quotidiani per intero. Ma negli ultimi tempi non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che tutto ciò non basti. A questo proposito riporto un’interessante riflessione fatta su un post di minimarketing.it: “Ora, in cui il network (non solo tecnologico) è ubiquo e strabordante di informazioni, il vantaggio competitivo non è più nel conoscere (che diventa obsoleto molto più rapidamente), ma nell’essere più efficienti ed efficaci nel sapere come e dove procurarsi l’informazione”.
Questo fenomeno io lo chiamo iper-attualità. Non solo perché il processo d’invecchiamento di un’informazione si è velocizzato incredibilemente (quindi iper), ma perché internet sta cambiando i nostri comportamenti. Cioè abbiamo iniziato/imparato a procurarci le informazioni che ci servono con le logiche dell’iper-testo, e questo anche off-line. E’ una cosa che riscontro su me stesso: se prima traevo un’informazione da un’unica fonte, ora mi trovo a cercare conferme o approfondimenti in maniera quasi schizofrenica, saltando da un telegiornale a un blog, da una rivista a un quotidiano on-line. L’effetto di questo cambiamento, almeno su di me, è peculiare. Oltre che procurami disagio, in quanto mi ritengo sempre in ritardo rispetto a tutto ciò che accade (ma per risolvere questo problema mi rivolgerò alla terapeuta della mia gatta), ha cambiato il mio modo di leggere e di percepire i contenuti. Qualche esempio. Non riesco più a sfogliare per intero un quotidiano, nemmeno il sabato e la domenica, e nonostante prima fosse un piacere. Leggo i titoli, poi l’incipit di qualche articolo, ma quasi sempre li lascio a metà (non appena penso di aver assorbito il nocciolo dell’informazione). Inoltre ho sempre l’impressione di aver già letto la notizia da qualche altra parte, magari su un blog, e in maniera più approfondita. Altro esempio. Non riesco più a sentire RadioDJ: le curiosità che Linus racconta nel programma del mattino le ho già lette il giorno prima su repubblica.it. Non riesco più a godermi l’arrivo di Shot sulla mia scrivania: metà degli spot, che una volta mi facevano sbavare, li ho già visti su ebolaindustries.com. Purtroppo questi effetti non si limitano al campo dell’informazione, intaccano pure l’intrattenimento. Se un libro non mi prende dopo una ventina di pagine, lo lascio lì e non lo riprendo più. Se un serial mi delude per un paio di puntate, smetto di guardarlo. In sintesi: ho l’impressione che la rete ci stia cambiando profondamente, in quanto ci ha dato la consapevolezza dell’incredibile rapporto deficitario fra le cose che dovremmo sapere/vedere e il poco tempo che abbiamo per assimilarle. Il nostro cervello sta subendo un repentino cambiamento e, per compiere questa evoluzione, utilizza l’unico strumento di cui dispone: la selezione. Selezione attraverso criteri di pertinenza, affidabilità e divertimento. E secondo me sbaglia di grosso chi pensa che tutto ciò si limiti a internet o all’informazione, questo cambiamento modificherà pure il modo di comunicare. Non so ancora esattamente come, ma ritengo che se già adesso sia importante catturare fin da subito l’attenzione dei consumatori, in futuro la cosa sarà fondamentale. Quali strumenti un comunicatore dovrà quindi saper utilizzare al meglio? Innanzitutto la sintesi, che d’ora in poi dovrà diventare estrema. Dopodichè dovremo convertirci alla rilevanza: sono finiti i tempi delle campagne carine ma gratuite. Il futuro è di cose semplici che sappiano interpretare i desideri più intimi delle persone. Desideri che fin dall’alba dei tempi sono sempre gli stessi e che, di conseguenza, sono un po’ banali (amore, famiglia, successo…). Per evitare i soliti clichè bisognerà ricorrere a un altro strumento indispensabile per il comunicatore del futuro (oltre alla sintesi e alla rilevanza cioè). C’è chi questo strumento lo chiama creatività, chi lo chiama pensiero laterale, chi fantasia, chi eccentricità, chi problem solving, e c’è anche chi lo chiama capacità di arrangiarsi. Comunque la si chiami, questa cosa che è stata di importanza fondamentale nella comunicazione del passato, lo sarà ancor di più in quella del futuro.
Circa un mese fa, seduto sulla poltroncina di un volo che mi riportava da Amsterdam (no, non ero sotto l’effetto di sostanze psicotrope), ho condiviso con le mie compagne di viaggio una sensazione di disagio. Siccome questo disagio si ripete sempre più spesso, ho deciso di analizzarlo. L’impressione che ho avuto allora, e che ormai è diventata cronica, è quella di non leggere a sufficienza. O meglio: di non essere informato abbastanza.
La lettura è una cosa che ho sempre amato, sia per lavoro sia per curiosità sono portato a divorare tutto ciò che posso (secondo le statistiche sono considerato un forte lettore). Anche per questo mi sono sempre ritenuto una persona aggiornata: la mia land-page di Safari è Repubblica.it, inoltre il sabato e la domenica mi leggo un paio di quotidiani per intero. Ma negli ultimi tempi non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che tutto ciò non basti. A questo proposito riporto un’interessante riflessione fatta su un post di minimarketing.it: “Ora, in cui il network (non solo tecnologico) è ubiquo e strabordante di informazioni, il vantaggio competitivo non è più nel conoscere (che diventa obsoleto molto più rapidamente), ma nell’essere più efficienti ed efficaci nel sapere come e dove procurarsi l’informazione”.
Questo fenomeno io lo chiamo iper-attualità. Non solo perché il processo d’invecchiamento di un’informazione si è velocizzato incredibilemente (quindi iper), ma perché internet sta cambiando i nostri comportamenti. Cioè abbiamo iniziato/imparato a procurarci le informazioni che ci servono con le logiche dell’iper-testo, e questo anche off-line. E’ una cosa che riscontro su me stesso: se prima traevo un’informazione da un’unica fonte, ora mi trovo a cercare conferme o approfondimenti in maniera quasi schizofrenica, saltando da un telegiornale a un blog, da una rivista a un quotidiano on-line. L’effetto di questo cambiamento, almeno su di me, è peculiare. Oltre che procurami disagio, in quanto mi ritengo sempre in ritardo rispetto a tutto ciò che accade (ma per risolvere questo problema mi rivolgerò alla terapeuta della mia gatta), ha cambiato il mio modo di leggere e di percepire i contenuti. Qualche esempio. Non riesco più a sfogliare per intero un quotidiano, nemmeno il sabato e la domenica, e nonostante prima fosse un piacere. Leggo i titoli, poi l’incipit di qualche articolo, ma quasi sempre li lascio a metà (non appena penso di aver assorbito il nocciolo dell’informazione). Inoltre ho sempre l’impressione di aver già letto la notizia da qualche altra parte, magari su un blog, e in maniera più approfondita. Altro esempio. Non riesco più a sentire RadioDJ: le curiosità che Linus racconta nel programma del mattino le ho già lette il giorno prima su repubblica.it. Non riesco più a godermi l’arrivo di Shot sulla mia scrivania: metà degli spot, che una volta mi facevano sbavare, li ho già visti su ebolaindustries.com. Purtroppo questi effetti non si limitano al campo dell’informazione, intaccano pure l’intrattenimento. Se un libro non mi prende dopo una ventina di pagine, lo lascio lì e non lo riprendo più. Se un serial mi delude per un paio di puntate, smetto di guardarlo. In sintesi: ho l’impressione che la rete ci stia cambiando profondamente, in quanto ci ha dato la consapevolezza dell’incredibile rapporto deficitario fra le cose che dovremmo sapere/vedere e il poco tempo che abbiamo per assimilarle. Il nostro cervello sta subendo un repentino cambiamento e, per compiere questa evoluzione, utilizza l’unico strumento di cui dispone: la selezione. Selezione attraverso criteri di pertinenza, affidabilità e divertimento. E secondo me sbaglia di grosso chi pensa che tutto ciò si limiti a internet o all’informazione, questo cambiamento modificherà pure il modo di comunicare. Non so ancora esattamente come, ma ritengo che se già adesso sia importante catturare fin da subito l’attenzione dei consumatori, in futuro la cosa sarà fondamentale. Quali strumenti un comunicatore dovrà quindi saper utilizzare al meglio? Innanzitutto la sintesi, che d’ora in poi dovrà diventare estrema. Dopodichè dovremo convertirci alla rilevanza: sono finiti i tempi delle campagne carine ma gratuite. Il futuro è di cose semplici che sappiano interpretare i desideri più intimi delle persone. Desideri che fin dall’alba dei tempi sono sempre gli stessi e che, di conseguenza, sono un po’ banali (amore, famiglia, successo…). Per evitare i soliti clichè bisognerà ricorrere a un altro strumento indispensabile per il comunicatore del futuro (oltre alla sintesi e alla rilevanza cioè). C’è chi questo strumento lo chiama creatività, chi lo chiama pensiero laterale, chi fantasia, chi eccentricità, chi problem solving, e c’è anche chi lo chiama capacità di arrangiarsi. Comunque la si chiami, questa cosa che è stata di importanza fondamentale nella comunicazione del passato, lo sarà ancor di più in quella del futuro.