C’ho riflettuto quest’estate e sono giunto alla conclusione che il Ligure è il pubblicitario ideale. Innanzitutto i Liguri stanno sulle palle a tutti (trovatemi qualcuno che trovi i Liguri simpatici; vi sentirete ripetere: bella la Liguria, ma i Liguri non si sopportano proprio…). Bene. E i pubblicitari sono amati dalla gente? Non credo proprio: troverete sempre qualcuno pronto a farvi menate sull’inutilità del nostro mestiere e sul fatto che roviniamo il cervello alle masse. Ma la cosa fantastica è che i Liguri non si sopportano nemmeno fra di loro, esattamente come i pubblicitari.
Seconda cosa: i Liguri sono abituati a vivere in un ambiente ostile: monti dietro, mare davanti. Così come i creativi che da una parte vengono osteggiati dal cliente e dall’altra dagli account.
Terza similitudine: i Liguri convivono da sempre con un’economia povera e quindi sono preparati a sopravvivere in pubblicità a tempi come questi, in cui i budget si riducono e le prospettive di miglioramento della qualità della vita sono inesistenti. Sono addirittura convinto che il modello economico ligure potrebbe salvare il mondo: si spende un cazzo, solo quando è veramente necessario.
I Liguri vivono poi nella consapevolezza di aver avuto un passato glorioso che non potrà tornare. Sì, lo so che è difficile da credere, ma è il popolo italico che si è arreso per ultimo ai romani (secondo me per incompatibilità di carattere). Poi abbiamo avuto la Repubblica Marinara e, soprattutto, non va dimenticato che uno di noi ha scoperto l’America. Ok, non è che noi lo avessimo cagato tanto quel poveretto, ma questo fa parte delle peculiarità liguri: quando uno vuole fare qualcosa di diverso viene preso per il culo ed è costretto a espatriare. Allo stesso modo i pubblicitari di oggi vivono ancora nel ricordo dei ruggenti anni ’80.
Ma soprattutto il pragmatismo e il cinismo dei Liguri ha dato vita a una filosofia di vita secondo me utilissima in periodi come questi. Si può sintetizzare in una frase: “M’en bato er belìn”. Significa che dopo aver messo tutto l’impegno possibile in una determinata cosa siamo pronti ad accettare stoicamente qualsiasi conseguenza. Grazie a questo i Liguri sono capaci di affrontare le difficoltà a cuor leggero: si spolverano le frustrazioni dalle spalle e ripartono come se niente fosse (perché sì, e questa è l’unica qualità dei Liguri, noi c’abbiamo sempre quel cazzo di mare davanti che ci invita a ripartire). Purtroppo quest’ultima filosofia di vita non appartiene in genere ai pubblicitari, ma secondo me dovrebbe.
Tutto questo per dirvi che, dalla prossima settimana, partirà su mizioblog una nuova mini-serie: THE LIGURIANS. Ovvero: tutto quello che non volevate sapere dei Liguri e di cui potevate fare tranquillamente a meno.
Ma tant’è.
Parallellismo perfetto, anzi i liguri hanno almeno una marcia in più rispetto ai pubblicitari!!! Attendo la serie con curiosità… sarà meglio di trust me? 😉
Un po’ in ritardo ma finalmente leggo questa interessante tesi. La leggo da milanese che è sopravvissuta a un’infanzia e adolescenza plumbee grazie alle classiche vacanze in Liguria, versante levante. Quella di Vergassola, tanto per intenderci. Devo ammettere che mi è difficile capire perchè l’ambiente in Liguria sia così ostile, ma forse è perchè sono stata ventenne nei famosi anni 80 (o se preferite, anni di merda) della Milano da bere. Ultimo ma non ultimo, credo che la famosa filosofia ligure sia più corretta nella versione “Batu u belin in su i scoeggi”. Ma per quanto ne so, i pubblicitari la conoscono e la praticano con grande disinvoltura.
C’ho riflettuto quest’estate e sono giunto alla conclusione che il Ligure è il pubblicitario ideale. Innanzitutto i Liguri stanno sulle palle a tutti (trovatemi qualcuno che trovi i Liguri simpatici; vi sentirete ripetere: bella la Liguria, ma i Liguri non si sopportano proprio…). Bene. E i pubblicitari sono amati dalla gente? Non credo proprio: troverete sempre qualcuno pronto a farvi menate sull’inutilità del nostro mestiere e sul fatto che roviniamo il cervello alle masse. Ma la cosa fantastica è che i Liguri non si sopportano nemmeno fra di loro, esattamente come i pubblicitari.
Seconda cosa: i Liguri sono abituati a vivere in un ambiente ostile: monti dietro, mare davanti. Così come i creativi che da una parte vengono osteggiati dal cliente e dall’altra dagli account.
Terza similitudine: i Liguri convivono da sempre con un’economia povera e quindi sono preparati a sopravvivere in pubblicità a tempi come questi, in cui i budget si riducono e le prospettive di miglioramento della qualità della vita sono inesistenti. Sono addirittura convinto che il modello economico ligure potrebbe salvare il mondo: si spende un cazzo, solo quando è veramente necessario.
I Liguri vivono poi nella consapevolezza di aver avuto un passato glorioso che non potrà tornare. Sì, lo so che è difficile da credere, ma è il popolo italico che si è arreso per ultimo ai romani (secondo me per incompatibilità di carattere). Poi abbiamo avuto la Repubblica Marinara e, soprattutto, non va dimenticato che uno di noi ha scoperto l’America. Ok, non è che noi lo avessimo cagato tanto quel poveretto, ma questo fa parte delle peculiarità liguri: quando uno vuole fare qualcosa di diverso viene preso per il culo ed è costretto a espatriare. Allo stesso modo i pubblicitari di oggi vivono ancora nel ricordo dei ruggenti anni ’80.
Ma soprattutto il pragmatismo e il cinismo dei Liguri ha dato vita a una filosofia di vita secondo me utilissima in periodi come questi. Si può sintetizzare in una frase: “M’en bato er belìn”. Significa che dopo aver messo tutto l’impegno possibile in una determinata cosa siamo pronti ad accettare stoicamente qualsiasi conseguenza. Grazie a questo i Liguri sono capaci di affrontare le difficoltà a cuor leggero: si spolverano le frustrazioni dalle spalle e ripartono come se niente fosse (perché sì, e questa è l’unica qualità dei Liguri, noi c’abbiamo sempre quel cazzo di mare davanti che ci invita a ripartire). Purtroppo quest’ultima filosofia di vita non appartiene in genere ai pubblicitari, ma secondo me dovrebbe.
Tutto questo per dirvi che, dalla prossima settimana, partirà su mizioblog una nuova mini-serie: THE LIGURIANS. Ovvero: tutto quello che non volevate sapere dei Liguri e di cui potevate fare tranquillamente a meno.
Ma tant’è.
Comments (10)
[…] This post was mentioned on Twitter by mizio ratti, mizio ratti. mizio ratti said: Essere Liguri nel contesto attuale. http://mizioblog.com/?p=837 http://ff.im/pUAtQ […]
Parallellismo perfetto, anzi i liguri hanno almeno una marcia in più rispetto ai pubblicitari!!! Attendo la serie con curiosità… sarà meglio di trust me? 😉
Sarà più una cosa alla History Cahannel: una via di mezzo fra il documentaristico e il sociologico.
Quindi immagino che l’ accesso alla pagina diventerà a pagamento,no?
Non c’avevo pensato. Buona idea. Adesso aggiungo subito il link a PayPal.
Applausi da una genovese DOC, con tanto di trofie al posto dei globuli bianchi e foglie di basilico al posto dei globuli rossi 🙂
Eleonora
Ho appena cambiato titolo al convegno. La pubblicità ligure.
Un po’ in ritardo ma finalmente leggo questa interessante tesi. La leggo da milanese che è sopravvissuta a un’infanzia e adolescenza plumbee grazie alle classiche vacanze in Liguria, versante levante. Quella di Vergassola, tanto per intenderci. Devo ammettere che mi è difficile capire perchè l’ambiente in Liguria sia così ostile, ma forse è perchè sono stata ventenne nei famosi anni 80 (o se preferite, anni di merda) della Milano da bere. Ultimo ma non ultimo, credo che la famosa filosofia ligure sia più corretta nella versione “Batu u belin in su i scoeggi”. Ma per quanto ne so, i pubblicitari la conoscono e la praticano con grande disinvoltura.
Be’, quella di Vergassola è esattamente la mia Liguria 😉
” me ne battu u belin” questa è la versione esatta. Scritta com’era sembra detta da un foresto romano