Siamo un Paese che le guerre le ha sempre perse, ma se le guerre in futuro saranno fatte su Facebook è probabile che a breve avremo colonizzato il mondo. Siamo diventati infatti un popolo di santi, poeti, navigatori e leoni da tastiera. E non è un caso se ci sentiamo così sicuri dietro un monitor, altrimenti non si spiegherebbe come mai siamo diventati così mansueti nella vita reale, anche dopo due mesi in cui ci hanno tolto tutte le nostre libertà personali e abbiamo dovuto accettare le decisioni di una classe politica che, di fronte a un’emergenza senza pari, non sta dimostrando nessun barlume di visione, buon senso e tantomeno di efficienza.
Di Silvia Romano si sono dette tante cose, tranne quella che a me è sembrata lampante fin dall’inizio: è stata strumentalizzata. Una ragazza che arriva in Italia dopo essere stata sequestrata per 18 mesi, la cosa di cui ha più bisogno è sensibilità e protezione. Poi possiamo parlare dei soliti commenti beceri che hanno invaso i social network, ma la responsabilità più grande è di chi ha voluto sfruttare la sua liberazione per la solita e ottusa ricerca del consenso.
Sono abbastanza vecchio per ricordare la stagione dei rapimenti in Italia: nessun politico, trenta o quarant’anni fa, avrebbe avuto la sfacciataggine di spingere sotto i riflettori una persona traumatizzata da un sequestro così lungo. E provare nostalgia della Democrazia Cristiana è l’ultima cosa che mai mi sarei immaginato di avere in vita mia. Credetemi.
Una classe politica seria avrebbe avuto rispetto di lei come essere umano e della sua drammatica esperienza: prima l’avrebbe fatta ricongiungere alla famiglia, poi le avrebbe dato il tempo di elaborare il trauma e solo alla fine l’avrebbe data in pasto alle telecamere. La cosa ironica è che coloro che volevano strumentalizzarla ad ogni costo sono stati strumentalizzati a loro volta: l’arrivo di Silvia nel suo jilbab verde è stata una cosa che noi italiani ricorderemo per molto tempo, è stata un’immagine di una forza incredibile.
Chi è dietro alla comunicazione del governo forse pensava che la diretta dell’arrivo della ragazza sarebbe stata una mossa geniale, ma invece ha subito uno scacco matto da un assoluto sconosciuto, un somalo qualsiasi, perché quello è stato uno spot incredibile per chi attraverso Silvia voleva lanciare il falso messaggio del terrorismo dal volto umano.
Lo dicono anche i manuali di psicologia: la ricerca continuativa e ossessiva del consenso è una caratteristica prettamente infantile. E la nostra classe politica è così, infantile, fragile, perché non è mai cresciuta, maturata.
Siamo in un momento drammatico del Paese e, dopo il lockdown, ci saremmo aspettati che chi ci governa tirasse fuori quelle qualità che non ha mai dimostrato di avere nella sua quotidianità. Ci illudevamo. E mi chiedo: come potevamo pensare che coloro che si sono dimostrati mediocri nel quotidiano potessero di colpo dimostrarsi illuminati nell’emergenza?
Da settimane stiamo aspettando un Decreto che doveva uscire ad aprile, poi all’inizio di maggio, e che dovrebbe rialzare il Paese. Uscirà oggi? Forse. Chi lo può dire? Aspettiamo. Perché la sua uscita viene rimandata da giorni perché non riescono a mettersi d’accordo. E su cosa non riescono a mettersi d’accordo? Sui permessi di soggiorno temporanei per i migranti che andranno a coltivare per due lire i nostri campi e su quelli per le badanti.
La logica è la stessa di sempre per questa gente che sa ragionare solo guardando i sondaggi. Siccome quella contro i migranti è una campagna che ha funzionato in passato il loro timore è che regolarizzarli per sei mesi possa comportare un’assurda perdita nelle loro misere percentuali. E così, le persone che curano i nostri anziani, quelli che sono sopravvissuti, quelli che noi non vogliamo più curare, gli stessi che per colpa di scelte scellerate sono stati fatti morire da soli nelle RSA, vengono strumentalizzate.
E vengono strumentalizzati quei poveracci che andranno a spaccarsi la schiena nei campi perché ci arrivi il cibo in tavola.
Per qualche cazzo di micro percentuale nei sondaggi, questa nostra illuminata classe politica gioca con la loro vita (ma non è una novità, perché prima li faceva morire annegati). Ma non solo: gioca anche con la nostra.
Perché ogni giorno di ritardo significa altre imprese che falliscono e altre persone che perdono il lavoro.
Fino a due mesi fa pensavo di vivere in uno dei posti migliori al mondo: avevo rinunciato al mio paesino in Liguria, che amo, e alle mie amicizie più care, ma in compenso ero convinto che vivere in Lombardia, seguire le mie ambizioni professionali, potesse compensare tante cose che mi mancano ogni giorno. Ignoravo il fatto di essere governato da gente dalla pochezza imbarazzante. O, almeno, lo sottovalutavo. Scoprire la pochezza del governo lombardo è stato un trauma.
Siamo stati la regione più colpita in Europa, e credetemi non è un caso. Mentre nel resto d’Italia le cose sembrano essere sotto controllo, qui da noi sembra di non uscirne mai. Lo dico quindi contro il mio interesse: chiudeteci tutti dentro e fate ripartire il resto dell’Italia.
Fatelo. Non aspettateci.
Perché noi siamo nelle mani di gente che non ha nessuna idea di come uscirne, e le poche idee che hanno sono quelle rivolte, guarda caso, al consenso (vedi la costruzione dell’inutile ospedale in fiera) o al profitto.
La Lombardia, nonostante sia stata la regione più colpita, è l’unica che non si è ancora organizzata per i test sierologici rapidi. Così come non si era organizzata per i tamponi, così come non si era organizzata con le mascherine nonostante le abbia rese obbligatorie.
E sapete perché?
Perché noi residenti in Lombardia, unici in Italia, con la scusa dell’incertezza dell’esito ci dovremo sottoporre a un test più complesso, ma privato, per cui dovremo aspettare una settimana per i risultati e dovremo tirare fuori dalle nostre tasche 62 euro.
Perché come sempre qualcuno deve per forza guadagnarci.
È la prima volta che scrivo di politica in vita mia. La prima. E mi rendo conto solo adesso che è stato un errore, un grave errore, perché è anche colpa mia se abbiamo lasciato il Paese in mano a questi qui.
Ho sempre pensato: “sono una persona troppo seria per interessarmi di politica, preferisco occuparmi del bene della mia piccola comunità, le persone che lavorano per me. Lasciamo la politica ai cialtroni, quelli che sanno muoversi bene nel fango e nell’ipocrisia…”.
Ma questo è il risultato. Non è vero che #andratuttobene, non è vero che siamo un Paese straordinario. Siamo un paese pieno di gente poco seria, e dei soliti furbetti. Le persone eccezionali, quelle che potrebbero fare davvero la differenza, si sono defilate. Riappaiono ogni tanto, come nel caso della costruzione del ponte di Genova, ma per il resto hanno lasciato il campo ai mediocri.
Ci illudevamo di avere un Paese così fantastico che lo potesse guidare chiunque. Non è vero. Ci sbagliavamo. Una Ferrari a 300 all’ora in rettilineo la può guidare anche un inetto ma quando arrivano le curve va a sbattere.
È ora che la politica torni a essere una cosa seria.
Non siete stanchi anche voi di gente che nasconde le proprie inadeguatezze dietro una mascherina tricolore? Di gente che fa parlare i morti di Bergamo e di Brescia? Di gente che fa uscire i mafiosi dalle carceri senza accorgersene? Di gente che lancia le crisi di governo con un mojito in mano?
Se vi state domandando dove abbiamo sbagliato per meritarci tutto questo, la risposta è semplice, l’ho scritta prima. Ci siamo disinteressati troppo della politica, illudendoci che fosse una cosa troppo poco seria per noi, e così l’abbiamo lasciata in mano a chi, proprio per mancanza di serietà, non si è fatto scrupoli della propria inadeguatezza e, anzi, s’è sentito a proprio agio in tutta questa miseria di idealismo post-moderno.
Ma la cosa ancora più grave è che questi, oltre a non avere ideali, non hanno nemmeno buone idee per risollevare il Paese, perché non hanno gli strumenti intellettuali per ragionare in termini di visione, ma solo di consenso.
La retorica a volte li fa sembrare forti, ma in realtà sono di una fragilità disarmante.
È un momento topico per l’Italia, e se non torniamo a interessarci di politica seriamente, subito, saremo guidati verso il disastro.
Non posso che essere d’accordo con te.
Mi sento in balia di incompetenti, virologi star con la paura negli occhi di tornare nell’oblio.
Comunicatori da reality che pensano che tutto quanto sia spettacolo.
Non Rimpiango la democrazia cristiana ma, sono sempre più convinta che la politica sia una cosa seria e la debbano fare dei competenti.
Ciao Mizio, seguo sempre con molto interesse i tuoi interventi, semplici ma mai banali – “Una volta qui era tutto campagne” resta uno degli interventi più lucidi che abbia mai letto sul nostro settore. A tal proposito, mi chiedo retoricamente quanto sarebbe bello avere un volume che narri le vicende delle agenzie dagli anni ’80 in poi. Io mi sono laureato in Tecniche Pubblicitarie nel 2006 e ho sostenuto molti esami sulla storia delle agenzie, ma come nei Licei ci si ferma alla II guerra mondiale così nelle Università ci si ferma agli anni ’80. Perdona la digressione… Il tema purtroppo non è solo politico temo ma è un tema generalizzato e allargato. È proprio un approccio della contemporaneità che esalta la ricerca del consenso maximo in ogni settore: dalla morale alla comunicazione (basti pensare alle logiche del SEO), temi in cui la massa ha preso parola e (troppo) valore ma in modi e luoghi sbagliatissimi. Io temo che prima di “interessarci di politica” dovremmo prima “preoccuparci della politica” perché prima di essere un interesse deve essere un problema da risolvere. Aggiungo e concludo… la cosa che mi preoccupa più di tutte a livello politico è che col consenso viene a crollare il pilastro della nostra democrazia repubblicana – che poi è un paradosso in un’Italia malandrina da più di 2000 anni – e cioè la Fiducia. Se la ricerca del consenso totale passa per ciò che la massa vuole sentirsi dire, come posso da cittadino credere che il meccanismo della Fiducia possa rimanere integro e coerente con gli attori politici al comando?
Per quanto riguarda la storia della pubblicità dopo gli anni ’80, sarebbe un lavorone. Però, se ti accontenti, puoi ascoltare il mio primo podcast che parla dell’evoluzione del copywriting dal dopoguerra fino ai giorni nostri.
Io sono toalmente sfiduciato per l’impotenza che abbiamo noi cittadini. Chiunque o qualsiasi partito o alleanza vada al governo ci sono sempre dei corrotti e inoltre le leggi sono proposte e approvate dalle Camere, che non faranno mai nulla che li danneggi, e qui siamo fregati perché non abbiamo potere, il voto non serve a nulla. Ci illudiamo di cambiare orientamento politico, e invece rimangono a galla gli stessi che, nell’ombra comandano ai potenti e rendono la vita difficile al paese coi suoi cittadini. La verità è che gli Italiani hanno tutti idee diverse secondo la loro educazione e non saranno mai in grado di organizzarsi per rovesciare una situazione che li opprime, ognuno troverá una giustificazione personale. Solo un popolo ha sbaragliato e condannato il potere totalitario e offensivo : i Francesi nel 1789 con la famosa Rivoluzione. Loro avevano una marcia in piú
Siamo un Paese che le guerre le ha sempre perse, ma se le guerre in futuro saranno fatte su Facebook è probabile che a breve avremo colonizzato il mondo. Siamo diventati infatti un popolo di santi, poeti, navigatori e leoni da tastiera. E non è un caso se ci sentiamo così sicuri dietro un monitor, altrimenti non si spiegherebbe come mai siamo diventati così mansueti nella vita reale, anche dopo due mesi in cui ci hanno tolto tutte le nostre libertà personali e abbiamo dovuto accettare le decisioni di una classe politica che, di fronte a un’emergenza senza pari, non sta dimostrando nessun barlume di visione, buon senso e tantomeno di efficienza.
Di Silvia Romano si sono dette tante cose, tranne quella che a me è sembrata lampante fin dall’inizio: è stata strumentalizzata. Una ragazza che arriva in Italia dopo essere stata sequestrata per 18 mesi, la cosa di cui ha più bisogno è sensibilità e protezione. Poi possiamo parlare dei soliti commenti beceri che hanno invaso i social network, ma la responsabilità più grande è di chi ha voluto sfruttare la sua liberazione per la solita e ottusa ricerca del consenso.
Sono abbastanza vecchio per ricordare la stagione dei rapimenti in Italia: nessun politico, trenta o quarant’anni fa, avrebbe avuto la sfacciataggine di spingere sotto i riflettori una persona traumatizzata da un sequestro così lungo. E provare nostalgia della Democrazia Cristiana è l’ultima cosa che mai mi sarei immaginato di avere in vita mia. Credetemi.
Una classe politica seria avrebbe avuto rispetto di lei come essere umano e della sua drammatica esperienza: prima l’avrebbe fatta ricongiungere alla famiglia, poi le avrebbe dato il tempo di elaborare il trauma e solo alla fine l’avrebbe data in pasto alle telecamere. La cosa ironica è che coloro che volevano strumentalizzarla ad ogni costo sono stati strumentalizzati a loro volta: l’arrivo di Silvia nel suo jilbab verde è stata una cosa che noi italiani ricorderemo per molto tempo, è stata un’immagine di una forza incredibile.
Chi è dietro alla comunicazione del governo forse pensava che la diretta dell’arrivo della ragazza sarebbe stata una mossa geniale, ma invece ha subito uno scacco matto da un assoluto sconosciuto, un somalo qualsiasi, perché quello è stato uno spot incredibile per chi attraverso Silvia voleva lanciare il falso messaggio del terrorismo dal volto umano.
Lo dicono anche i manuali di psicologia: la ricerca continuativa e ossessiva del consenso è una caratteristica prettamente infantile. E la nostra classe politica è così, infantile, fragile, perché non è mai cresciuta, maturata.
Siamo in un momento drammatico del Paese e, dopo il lockdown, ci saremmo aspettati che chi ci governa tirasse fuori quelle qualità che non ha mai dimostrato di avere nella sua quotidianità. Ci illudevamo. E mi chiedo: come potevamo pensare che coloro che si sono dimostrati mediocri nel quotidiano potessero di colpo dimostrarsi illuminati nell’emergenza?
Da settimane stiamo aspettando un Decreto che doveva uscire ad aprile, poi all’inizio di maggio, e che dovrebbe rialzare il Paese. Uscirà oggi? Forse. Chi lo può dire? Aspettiamo. Perché la sua uscita viene rimandata da giorni perché non riescono a mettersi d’accordo. E su cosa non riescono a mettersi d’accordo? Sui permessi di soggiorno temporanei per i migranti che andranno a coltivare per due lire i nostri campi e su quelli per le badanti.
La logica è la stessa di sempre per questa gente che sa ragionare solo guardando i sondaggi. Siccome quella contro i migranti è una campagna che ha funzionato in passato il loro timore è che regolarizzarli per sei mesi possa comportare un’assurda perdita nelle loro misere percentuali. E così, le persone che curano i nostri anziani, quelli che sono sopravvissuti, quelli che noi non vogliamo più curare, gli stessi che per colpa di scelte scellerate sono stati fatti morire da soli nelle RSA, vengono strumentalizzate.
E vengono strumentalizzati quei poveracci che andranno a spaccarsi la schiena nei campi perché ci arrivi il cibo in tavola.
Per qualche cazzo di micro percentuale nei sondaggi, questa nostra illuminata classe politica gioca con la loro vita (ma non è una novità, perché prima li faceva morire annegati). Ma non solo: gioca anche con la nostra.
Perché ogni giorno di ritardo significa altre imprese che falliscono e altre persone che perdono il lavoro.
Fino a due mesi fa pensavo di vivere in uno dei posti migliori al mondo: avevo rinunciato al mio paesino in Liguria, che amo, e alle mie amicizie più care, ma in compenso ero convinto che vivere in Lombardia, seguire le mie ambizioni professionali, potesse compensare tante cose che mi mancano ogni giorno. Ignoravo il fatto di essere governato da gente dalla pochezza imbarazzante. O, almeno, lo sottovalutavo. Scoprire la pochezza del governo lombardo è stato un trauma.
Siamo stati la regione più colpita in Europa, e credetemi non è un caso. Mentre nel resto d’Italia le cose sembrano essere sotto controllo, qui da noi sembra di non uscirne mai. Lo dico quindi contro il mio interesse: chiudeteci tutti dentro e fate ripartire il resto dell’Italia.
Fatelo. Non aspettateci.
Perché noi siamo nelle mani di gente che non ha nessuna idea di come uscirne, e le poche idee che hanno sono quelle rivolte, guarda caso, al consenso (vedi la costruzione dell’inutile ospedale in fiera) o al profitto.
La Lombardia, nonostante sia stata la regione più colpita, è l’unica che non si è ancora organizzata per i test sierologici rapidi. Così come non si era organizzata per i tamponi, così come non si era organizzata con le mascherine nonostante le abbia rese obbligatorie.
E sapete perché?
Perché noi residenti in Lombardia, unici in Italia, con la scusa dell’incertezza dell’esito ci dovremo sottoporre a un test più complesso, ma privato, per cui dovremo aspettare una settimana per i risultati e dovremo tirare fuori dalle nostre tasche 62 euro.
Perché come sempre qualcuno deve per forza guadagnarci.
È la prima volta che scrivo di politica in vita mia. La prima. E mi rendo conto solo adesso che è stato un errore, un grave errore, perché è anche colpa mia se abbiamo lasciato il Paese in mano a questi qui.
Ho sempre pensato: “sono una persona troppo seria per interessarmi di politica, preferisco occuparmi del bene della mia piccola comunità, le persone che lavorano per me. Lasciamo la politica ai cialtroni, quelli che sanno muoversi bene nel fango e nell’ipocrisia…”.
Ma questo è il risultato. Non è vero che #andratuttobene, non è vero che siamo un Paese straordinario. Siamo un paese pieno di gente poco seria, e dei soliti furbetti. Le persone eccezionali, quelle che potrebbero fare davvero la differenza, si sono defilate. Riappaiono ogni tanto, come nel caso della costruzione del ponte di Genova, ma per il resto hanno lasciato il campo ai mediocri.
Ci illudevamo di avere un Paese così fantastico che lo potesse guidare chiunque. Non è vero. Ci sbagliavamo. Una Ferrari a 300 all’ora in rettilineo la può guidare anche un inetto ma quando arrivano le curve va a sbattere.
È ora che la politica torni a essere una cosa seria.
Non siete stanchi anche voi di gente che nasconde le proprie inadeguatezze dietro una mascherina tricolore? Di gente che fa parlare i morti di Bergamo e di Brescia? Di gente che fa uscire i mafiosi dalle carceri senza accorgersene? Di gente che lancia le crisi di governo con un mojito in mano?
Se vi state domandando dove abbiamo sbagliato per meritarci tutto questo, la risposta è semplice, l’ho scritta prima. Ci siamo disinteressati troppo della politica, illudendoci che fosse una cosa troppo poco seria per noi, e così l’abbiamo lasciata in mano a chi, proprio per mancanza di serietà, non si è fatto scrupoli della propria inadeguatezza e, anzi, s’è sentito a proprio agio in tutta questa miseria di idealismo post-moderno.
Ma la cosa ancora più grave è che questi, oltre a non avere ideali, non hanno nemmeno buone idee per risollevare il Paese, perché non hanno gli strumenti intellettuali per ragionare in termini di visione, ma solo di consenso.
La retorica a volte li fa sembrare forti, ma in realtà sono di una fragilità disarmante.
È un momento topico per l’Italia, e se non torniamo a interessarci di politica seriamente, subito, saremo guidati verso il disastro.
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Non posso che essere d’accordo con te.
Mi sento in balia di incompetenti, virologi star con la paura negli occhi di tornare nell’oblio.
Comunicatori da reality che pensano che tutto quanto sia spettacolo.
Non Rimpiango la democrazia cristiana ma, sono sempre più convinta che la politica sia una cosa seria e la debbano fare dei competenti.
Ciao Mizio, seguo sempre con molto interesse i tuoi interventi, semplici ma mai banali – “Una volta qui era tutto campagne” resta uno degli interventi più lucidi che abbia mai letto sul nostro settore. A tal proposito, mi chiedo retoricamente quanto sarebbe bello avere un volume che narri le vicende delle agenzie dagli anni ’80 in poi. Io mi sono laureato in Tecniche Pubblicitarie nel 2006 e ho sostenuto molti esami sulla storia delle agenzie, ma come nei Licei ci si ferma alla II guerra mondiale così nelle Università ci si ferma agli anni ’80. Perdona la digressione… Il tema purtroppo non è solo politico temo ma è un tema generalizzato e allargato. È proprio un approccio della contemporaneità che esalta la ricerca del consenso maximo in ogni settore: dalla morale alla comunicazione (basti pensare alle logiche del SEO), temi in cui la massa ha preso parola e (troppo) valore ma in modi e luoghi sbagliatissimi. Io temo che prima di “interessarci di politica” dovremmo prima “preoccuparci della politica” perché prima di essere un interesse deve essere un problema da risolvere. Aggiungo e concludo… la cosa che mi preoccupa più di tutte a livello politico è che col consenso viene a crollare il pilastro della nostra democrazia repubblicana – che poi è un paradosso in un’Italia malandrina da più di 2000 anni – e cioè la Fiducia. Se la ricerca del consenso totale passa per ciò che la massa vuole sentirsi dire, come posso da cittadino credere che il meccanismo della Fiducia possa rimanere integro e coerente con gli attori politici al comando?
Come non essere d’accordo con te…
Per quanto riguarda la storia della pubblicità dopo gli anni ’80, sarebbe un lavorone. Però, se ti accontenti, puoi ascoltare il mio primo podcast che parla dell’evoluzione del copywriting dal dopoguerra fino ai giorni nostri.
Io sono toalmente sfiduciato per l’impotenza che abbiamo noi cittadini. Chiunque o qualsiasi partito o alleanza vada al governo ci sono sempre dei corrotti e inoltre le leggi sono proposte e approvate dalle Camere, che non faranno mai nulla che li danneggi, e qui siamo fregati perché non abbiamo potere, il voto non serve a nulla. Ci illudiamo di cambiare orientamento politico, e invece rimangono a galla gli stessi che, nell’ombra comandano ai potenti e rendono la vita difficile al paese coi suoi cittadini. La verità è che gli Italiani hanno tutti idee diverse secondo la loro educazione e non saranno mai in grado di organizzarsi per rovesciare una situazione che li opprime, ognuno troverá una giustificazione personale. Solo un popolo ha sbaragliato e condannato il potere totalitario e offensivo : i Francesi nel 1789 con la famosa Rivoluzione. Loro avevano una marcia in piú